- É partito un programma per valutare le università e gli enti di ricerca nelle attività che realizzano per contrastare le disuguaglianze, per favorire la giustizia sociale, per frenare i cambiamenti climatici e più in generale in tutte le attività che ne contraddistinguono l’impegno pubblico e sociale.
- L’innovazione rispetto al passato introdotta in quest’ultimo esercizio è significativa: alle università e agli enti di ricerca è stata data l’opportunità di scegliere i casi su cui farsi valutare in dieci campi di impatto sulla società, e esse hanno scelto in larga parte casi studio che nel passato sarebbero stati trascurati.
- Le università e gli enti di ricerca hanno apprezzato questo nuovo approccio di valutazione basato sui casi studio, si sono attrezzate con gruppi di lavoro interdisciplinari e ritengono utile continuare la sperimentazione della valutazione basata sull’impatto prodotto dalle attività di terza missione.
I partiti sono a corto di idee, a meno di un anno dalle elezioni litigano su provvedimenti simbolici e promettono soltanto bonus o grandi sconti fiscali a debito.
Per questo Domani ha iniziato, con il congruo anticipo in vista del voto 2023, a raccogliere ed elaborare spunti concreti per un programma a disposizione di tutti i partiti che vorranno farlo proprio.
Le proposte che raccogliamo devono essere dettagliate, realizzabili, e orientate ad aumentare la sostenibilità e l’equità, anche e soprattutto attraverso una maggiore crescita inclusiva. Per partecipare a questo dibattito, scrivete a lettori@editorialedomani.it.
I due autori del contributo sono Lelio Iapadre, università dell’Aquila e partner di progetto del Forum Disuguaglianze e Diversità e Sauro Longhi, università Politecnica delle Marche e coordinatore del Gev Terza Missione dell’Anvur.
Nessuno l’avrebbe pensata e invece si è fatta. Valutare le università e gli enti di ricerca nelle attività che realizzano per contrastare le disuguaglianze, per favorire la giustizia sociale, per frenare i cambiamenti climatici e più in generale in tutte le attività che ne contraddistinguono l’impegno pubblico e sociale.
L’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) ha concluso il processo di Valutazione della qualità della ricerca (Vqr) per il quinquennio 2015-2019. I risultati verranno presentati oggi, 20 luglio, ma una prima campionatura degli indicatori scelti dalle istituzioni è stata oggetto di un incontro pubblico lo scorso 6 luglio organizzato dall’Anvur, dal Forum disuguaglianze e diversità e dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), che ospitava l’iniziativa.
L’innovazione rispetto al passato introdotta in quest’ultimo esercizio è significativa: alle università e agli enti di ricerca è stata data l’opportunità di scegliere i casi su cui farsi valutare in dieci campi di impatto sulla società, e esse hanno scelto in larga parte casi studio che nel passato sarebbero stati trascurati.
È avvenuta l’emersione di una rete di azioni e relazioni con la società che sfuggiva finora all’attenzione del paese. La valutazione, di natura qualitativa e quantitativa, ha evidenziato l’impatto generato dai risultati della ricerca scientifica dell’istituzione per l’economia, la società, la cultura, la salute, l’ambiente o, più in generale, per il contrasto alle disuguaglianze economiche, sociali, territoriali e per incrementare la qualità della vita in un ambito territoriale più o meno ampio.
Valutazione su indicatori proposti dalle istituzioni, che ha favorito la nascita di gruppi di lavoro interdisciplinari per dare forza alle azioni di “terza missione” orientando così la programmazione degli anni a venire e rafforzando il monitoraggio.
Un nuovo approccio
Questo cambiamento di impostazione ha risposto alla voce e alle idee della società e della ricerca che il Forum disuguaglianze e diversità ha coagulato assieme a 30 università, al fine di scoprire insieme come orientare le attività degli atenei verso obiettivi di giustizia sociale e ambientale, in attuazione di una delle sue 15 proposte per la giustizia sociale.
La collaborazione è iniziata nel 2019 e ha attratto l’attenzione del ministero dell’Università e della ricerca, che ha costituito un gruppo di lavoro sul ruolo delle università nel contrasto alle disuguaglianze. Nel rispetto delle linee guida stabilite dal ministero, l’Anvur ha tenuto conto di questa nuova impostazione nella Vqr appena conclusa.
All’incontro del 6 luglio hanno partecipato rappresentanti delle istituzioni pubbliche, delle organizzazioni sociali e del mondo imprenditoriale, al fine di coinvolgere nel dibattito i partner esterni del sistema della ricerca. Un risultato è emerso: le università e gli enti di ricerca hanno apprezzato questo nuovo approccio di valutazione basato sui casi studio, si sono attrezzate con gruppi di lavoro interdisciplinari e ritengono utile continuare la sperimentazione della valutazione basata sull’impatto prodotto dalle attività di terza missione.
In una fase storica in cui le università sono incentivate a competere tra di loro nell’attrazione di studenti e docenti e nella ricerca di eccellenza c’è il rischio che le loro attività di collaborazione con la società vengano trascurate, o basate soltanto sull’impegno volontario di singole persone.
Occorre invece rafforzare il modello che si sta proponendo delle “università civiche”, che integrano tutte le proprie missioni proponendosi come nodi di collegamento tra i sistemi territoriali in cui agiscono e le reti internazionali di creazione e diffusione delle conoscenze. Considerazioni che si estendono anche agli enti di ricerca.
La “terza missione”
Il contributo che le università possono dare alla qualità della vita sociale deriva non soltanto dal modo in cui svolgono le loro missioni tradizionali di formazione e ricerca, ma anche da un insieme diversificato di altre attività, realizzate in collaborazione con istituzioni pubbliche, organizzazioni sociali e imprese, che vengono abitualmente definite come “terza missione”.
Si tratta di una denominazione fuorviante, che implicitamente le qualifica come attività residuali rispetto alla formazione e alla ricerca. Una denominazione da superare, accantonando la visione tradizionale del “trasferimento di conoscenze” unilaterale dalle istituzioni di ricerca agli altri soggetti, riconoscendo esplicitamente che le attività di collaborazione sociale si realizzano tramite processi di apprendimento reciproco e di co-creazione di conoscenze con le imprese, le organizzazioni sociali e le pubbliche amministrazioni.
Su queste prospettive il paese deve investire, anche attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Una misurazione delle capacità del sistema delle università e della ricerca è stata fatta, i dati sulle potenzialità per un maggiore impegno pubblico e sociale esistono, ora resta da scegliere la strada. Chi vorrà assumere la responsabilità di rilanciare il progresso economico e sociale del paese dovrà fare questa scelta.
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