Per i crimini commessi dal suo governo Israele sarebbe sempre più vicino ad uno stato canaglia se non lo salvasse la sua società civile, indisponibile a chiudere gli occhi di fronte alle violazioni dei diritti, ivi compresi quelli dei palestinesi
Israele è un paese dalle mille contraddizioni, immediatamente visibili dalla caleidoscopica varietà antropologica ed estetica del sua popolazione. C’è tuttavia una frattura più profonda di altre che lo attraversa e che sta mettendo in crisi il suo modello di società aperta, pluralista e liberale.
È il ruolo sempre più forte che esercita la destra religiosa ultra-ortodossa, una componente di fanatici nazionalisti che rivendica per gli ebrei tutto il territorio occupato nel 1967, oltre il Giordano. Per loro quella terra è stata assegnata al popolo ebraico niente meno che da Dio. Di fronte a questo arretramento culturale di secoli, ai tempi in cui la religione guidava la politica, reggono a fatica le dighe della democrazia liberale israeliana.
Anche perché l’estrema destra religiosa è parte trainante del governo di Benjamin Netanyahu, che non ha avuto alcuno scrupolo ad allearsi con questa componente per varare il suo esecutivo. Ogni soluzione era valida per il premier israeliano purché gli consentisse di sopravvivere politicamente il più a lungo possibile e di evitare i processi della giustizia israeliana. E gli serve ancora in vista di quelli intentati dalla giustizia internazionale per i suoi crimini contro l’umanità.
A Netanyahu spetta un posto alla sbarra della Corte di giustizia dell’Aja per aver consentito il massacro di decine di migliaia di civili attraverso la distruzione sistematica di ogni edificio civile. Non si conta nemmeno più il numero di scuole rase al suolo con dentro bambini, di tendopoli spazzate via dalle bombe, di morti per fame per aver impedito che il cibo entrasse nella striscia.
In questi otto mesi di attacco a Gaza Israele, grazie all’appoggio americano ha sganciato ordigni esplosivi per un totale di circa 80.000 tonnellate, una quantità di gran lunga superiore a quella fatta piovere dai russi su tutta l’Ucraina in due anni e mezzo. Con la differenza che Gaza ha una superficie pari a 360 kmq, meno della metà della sola città di Kiev.
La mattanza della popolazione civile prosegue con l’indifferenza della comunità internazionale. Gli Stati Uniti continuano ad appoggiare Israele nonostante il presidente Joe Biden e il segretario di stato Antony Blinken siano stati ripetutamente presi a schiaffi dal governo Israeliano. Anzi, Netanyahu è stato ricevuto con tutti gli onori al Congresso americano (ma Kamala Harris ha disertato l’incontro), quando invece la Gran Bretagna di Keir Starmer ha deciso di condividere con la Corte di giustizia internazionale l’arresto del premier israeliano. E attendiamo di sapere cosa pensa in proposito il governo italiano.
Per i crimini commessi dal suo governo Israele sarebbe sempre più vicino ad uno stato canaglia se non lo salvasse la sua società civile, indisponibile a chiudere gli occhi di fronte alle violazioni dei diritti, ivi compresi quelli dei palestinesi.
Al loro rigore morale si oppone però l’estrema destra governativa che ha sostenuto la ribellione dei soldati che non volevano essere puniti per la brutale sodomizzazione di un detenuto palestinese, al punto da renderlo inabile alla deambulazione. Ultimo episodio di una lunga serie che ora vengono denunciati non solo da Amnesty International, ma anche da parte israeliana.
Con grande coraggio l’ong B’Tselem ha presentato un dossier dettagliato delle torture «sistematiche, generalizzate e prolungate» inflitte nei campi di detenzione dell’esercito. Si sta aprendo il vaso di Pandora delle violazioni commesse dall’esercito, con tanto di torture tortura ed esecuzioni sommarie: ne sanno qualcosa quei poveri ostaggi israeliani, falciati nonostante la loro bandiera bianca, un episodio che si sarà ripetuto chissà quante volte al riparo da testimoni (e non per nulla sono stati eliminati 111 giornalisti operanti nella striscia).
Per sopravvivere a questa montagna di turpitudini Netanyahu, come per tutti gli autocrati, può solo estendere i conflitti il più possibile, nel tempo e nello spazio. L’attentato di Teheran è servito proprio a questo, a provocare una reazione degli ayatollah che alzi il livello della crisi e, in caso di attacco iraniano, obblighi l’occidente a schierarsi con Israele.
Con assoluto cinismo il governo non solo elimina chi doveva negoziare il rilascio degli ostaggi, ma mette in pericolo il proprio paese e, soprattutto, gli equilibri del sistema internazionale, perché fa strage di ogni principio di legalità internazionale. Ogni giorno in più nel sostegno a Netanyahu diminuisce la credibilità dell’occidente come portatore di principi democratici universali.
© Riproduzione riservata