- Tra i paradossi prodotti dalla pandemia c’è quello della destra law and order che grida alla “dittatura sanitaria”, dei campioni del comunitarismo che difendono un ideale anarco-individualista di libertà.
- Le ragioni sono in parte di tipo strategico: lo spirito anti-establishment delle forze populiste deve polarizzare in modo nuovo il campo politico, e ha abbracciato la causa delle riaperture, della libertà di movimento e d’impresa.
- Tuttavia, l’adozione di un lessico libertario, più che segnalare un semplice cambio di casacca, è rivelatore di un aspetto spesso trascurato: la destra populista del nostro tempo non è affatto anti-individualista, anzi fa leva sulle pretese egoistiche degli individui.
Tra i paradossi di fronte a cui ci ha posto la pandemia di Covid-19 dovremo annoverare anche la visione della destra law and order che grida alla “dittatura sanitaria”, dei campioni del comunitarismo che difendono un ideale anarco-individualista di libertà. Guardando le piazze “No green pass”, la contraddizione non è sfuggita ai più, tra ironie social e critiche articolate, giunte anche da esponenti dello stesso mondo politico.
Possiamo credere che gli eredi del pensiero conservatore che, dalla Rivoluzione francese in poi, osteggia la dottrina liberale dei diritti individuali, abbiano finito per abbracciare il lessico e le idee degli storici avversari? In realtà, le cose non stanno proprio così. Le ragioni di questo apparente paradosso sono in parte di tipo strategico, in parte attengono invece alla natura propria dell’ultradestra.
Una prima considerazione riguarda lo spirito anti-establishment delle forze populiste che, dall’inizio della pandemia, hanno dovuto polarizzare in modo nuovo il campo politico. Se non c’è profitto nella critica delle frontiere aperte, della globalizzazione, della cessione di sovranità degli stati-nazione, perché le frontiere chiuse, la de-globalizzazione, il decisionismo politico sono lo status quo, ecco la destra radicale populista sposare la causa delle riaperture, della libertà di movimento e d’impresa.
Tuttavia, l’adozione di un lessico libertario, più che segnalare un semplice cambio di casacca, è rivelatore di un tratto spesso trascurato dell’ideologia di queste forze politiche.
I partiti di destra, i campioni del contrattacco conservatore, prendono così spesso a bersaglio quelli che sono additati come prodotti dell’individualismo liberale – i diritti universali, le libertà delle donne o delle minoranze sessuali – che si è tentati di leggere la loro avanzata come una rivincita di una visione olistica della società, dell’ancient régime sull’Illuminismo.
Rischia così di passare inosservato il fatto che la destra populista del nostro tempo non è anti-individualista. È anzi imbevuta di quella particolare versione dell’individualismo moderno – esaltato negli ultimi decenni dal neoliberismo – che proclama la sovranità dell’Io su di sé mentre recide il vincolo sociale che lo lega agli altri.
Questo individualismo, proprio della tradizione liberale-libertaria, si distingue da quello della tradizione democratica, che invece ricongiunge il singolo ai suoi simili, in un’idea di società come associazione di individui liberi.
È il secondo tipo di individualismo, quello democratico ed egualitario, che l’ultradestra combatte, mentre sposa, del primo, l’ideologia del “me ne frego” e la libertà ridotta ad arbitrio.
Proprio facendo leva sull’Io, sulla singolarità irriducibile (e rancorosa) di questo pronome, il populismo può mobilitare sentimenti d’odio verso determinate categorie di “diversi” e di “nemici”. Ciò che fa è esaltare le pretese egoistiche degli individui che formano una parte della collettività, contro tutte le altre.
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