- Nei prossimi mesi è molto probabile che bisognerà aumentare i tassi di interesse in Europa a ritmi maggiori di quelli fin qui preventivati, specie se l’inflazione dovesse perdurare.
- Per la Bce diverrebbe impossibile aumentare i tassi se contemporaneamente dovesse allargarsi lo spread al punto tale da mettere in dubbio la tenuta dell’euro per timore di uscita di qualche paese.
- Ecco allora che la lotta agli spread è parte integrante della lotta all’inflazione.
La Bce ha chiaramente detto che contrasterà la frammentazione monetaria (ossia un eccesso di divaricazione degli spread) e la presidente Christine Lagarde ha aggiunto che sarà credibile.
Anche altri membri del board della Bce (tedesco e olandese) hanno sottolineato che la Bce vigilerà per impedire la frammentazione. La motivazione principale è nella volontà di trasmettere a tutto il mercato dell’euro la stessa intensità della manovra di politica monetaria.
Giusto, ma vi è anche un’altra motivazione. Nei prossimi mesi è molto probabile che bisognerà aumentare i tassi di interesse in Europa a ritmi maggiori di quelli fin qui preventivati, specie se l’inflazione dovesse perdurare e si dovesse determinare un’eccessiva divaricazione con i tassi americani destinati a crescere ulteriormente.
Ebbene, per la Bce diverrebbe impossibile aumentare i tassi se contemporaneamente dovesse allargarsi lo spread al punto tale da mettere in dubbio la tenuta dell’euro per timore di uscita di qualche paese.
Ecco allora che la lotta agli spread è parte integrante della lotta all’inflazione.
La tattica della Bce sembra avere successo, tanto che gli spread sono diminuiti, malgrado alcuni tentennamenti nelle dichiarazioni e malgrado l’incertezza di sapere quale sarà lo strumento promesso da Lagarde per impedire la frammentazione e che dovrebbe essere presentato a fine luglio.
Non v’è dubbio che la nuova politica della Bce, volta a salvaguardare l’euro, sia anche una politica favorevole al nostro paese che nelle fasi di rialzo dei tassi di interesse rischia di vedere aumentare lo spread, subendo un danno significativo.
Eppure, nei commenti degli analisti e degli economisti italiani prevale non solo lo scetticismo sulla possibilità/capacità della Bce di perseguire il suo obiettivo, ma anche e soprattutto il fastidio di vedere la Bce impegnata a costruire un nuovo strumento, mentre esistono altri ritenuti adatti a tale scopo: il Mes (il Fondo Salva Stati) e l’OMTP (Outright Monetary Transaction Programme).
Verissimo, peccato che questi strumenti prevedano tutti delle condizioni a cui lo Stato deve sottostare e quindi implicano tensioni politiche e tempi lunghi per negoziare le condizioni ed essere messi in moto. Invece, uno strumento anti spread dovrebbe essere automatico in modo da consentire alla Bce di poter intervenire senza perdere tempo.
In realtà, nei commentatori italiani sembra prevalere la voglia del vincolo esterno, convinti come sono che solo un tale vincolo possa indurre il nostro paese a prendere provvedimenti che altrimenti non saremmo in grado di prendere, e ciò malgrado le passate esperienze che dimostrano il contrario.
È così che si sprecano analisi per dire che mai e poi mai gli “altri” paesi accetteranno interventi anti spread senza che ci siano impegni straordinari di austerità nel nostro paese.
Con ciò, c’è da domandarsi: dove sono i falchi? In Europa o a casa nostra?
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