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C'è una sola opinione che avrei voluto leggere intorno all’affaire Morisi in questa Settimana della Schadenfreude, quella di Umberto Bossi.
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Non un commento sul futuro della Lega, capirai, ma un commento sulla sfiga dei leghisti che appena provano a dimenticare per una sera i barconi si cacciano subito nei casini.
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L’altra opinione sullo scandalo della settimana che non sentiremo mai è quella di Zygmunt Bauman, che aveva capito tutto sulla società liquida e quindi sulla droga liquida.
C’è una sola opinione che avrei voluto leggere intorno all’affaire Morisi in questa Settimana della Schadenfreude (il piacere provocato dalle disgrazie altrui, maggior export tedesco verso l’Italia).
Settimana durante la quale si sono espressi proprio tutti, da un Salvini improvvisamente garantista pro gay a un Renzi improvvisamente anti rancore fino a uno Zan gongolante perché l’ostruzionismo leghista al suo ddl adesso «ha perso credibilità» (non si capisce come: se passa la legge si sentiranno tutti più liberi di rivendicare il chemsex a pagamento?).
La sola opinione che avrei voluto leggere e non leggeremo mai è quella di Umberto Bossi. Non un commento sul futuro della Lega, capirai, ma un commento sulla sfiga dei leghisti che appena provano a dimenticare per una sera i barconi si cacciano subito nei casini: nel 2004 Bossi finì in coma per un coccolone dovuto a Viagra e coca, si dice. In motel con una nota soubrette, si dice. Ricoverato con molto ritardo sotto falso nome, e il suo autista subito liquidato, si dice.
Non si appurò se anche quelle fossero fragilità-esistenziali-irrisolte, e quell’infamata diffusa persino da Pietro Citati sulla prima di Repubblica (querelate loro, nel caso) venne definita da Salvini pre Bestia «vomitevole».
Oggi la disavventura con pillolina e polverina e ballerina fa perlopiù tenerezza, sembra roba da tabarin o da Pitigrilli, e non solo perché sfacciatamente eterosessuale e celodurista e patriarcale, ma anche perché tutta ammantata di segretezza e indicibilità per salvare prestigio e apparenze del Capo.
La livella italiana
L’altra opinione sullo scandalo della settimana che non sentiremo mai è quella di Zygmunt Bauman, che aveva capito tutto ma che nel frattempo ha preferito morire piuttosto che rilasciare una dichiarazione sulla caduta-come-uomo di Morisi: nella Società Liquida di Bauman in cui ora anneghiamo nessuno salva prestigio e apparenze di nessuno, non esistono certezze e nessuno vuole produrre nulla ma tutti vogliono consumare.
E giustamente consumano la Droga Liquida, la vera livella italiana almeno a leggere l’ultima mesata di giornali, dove il Ghb è diventato famoso come “la droga dello stupro”, formula incantatoria che dice tutto e niente ma suona subito turpissima, come “tratta delle bianche”, “plagio” e “balletti verdi” (la crociata di destra che rovinò la vita a tanti gay colpevoli di organizzare party danzanti nelle cascine dell'Italia degli anni sessanta. Oggi si preferisce l'altrettanto losco “festini”).
Una droga terribilmente infida, soprattutto perché fa pubblicità ingannevole: a leggere i reportage delle ultime settimane non puoi più fidarti nemmeno dei maniaci dello sballo.
Il prete toscano, a sentire l’escort supertestimone, assumeva e offriva Ghb ma era «sempre gentile» e comunque troppo impegnato a prendersi a schiaffi da solo per copulare con chicchessia. Il conduttore della tv satellitare, invece, tale Ciro Di Maio – purtroppo nessuna parentela, avrebbe salvato i fatturati di mezza editoria – la assumeva per uso personale ogni giorno, forse per stuprarsi da solo, sicuramente per stuprarsi la carriera.
Il medico romano ha addirittura rilasciato un’intervista per dirci che voleva vedere l’effetto che fa, consigliando anche al pusher «una serie di esami perché aveva i piedi gonfi». Ma poi ci rassicura, lui assume solo cocaina «sempre con moderazione», giacché nell'ultimo anno e mezzo la fiducia verso i medici era già alle stelle.
Anche qui nessuno stupro da segnalare, piuttosto una versione da Ztl di Timothy Leary, lo psicologo che consigliava a tutti l’Lsd per rilassarsi, con escort o senza. La diva dei fotoromanzi sorella di Ornella Muti ha umiliato tutti millantando familiarità con le grandi menti della commedia all’italiana, visto che a sentir lei usava la droga liquida per lucidare gli argenti.
E Morisi? Nel suo caso la droga dello stupro è magica tout court, oltre che sempre deludentissima per i fan delle sevizie: la bottiglietta, secondo l’escort rumeno, si materializza nello zaino dopo aver lasciato la casa dello spin doctor, poi è nel cruscotto della macchina, poi non si capisce a chi appartenga.
Ma parliamo di uno che si sente male durante un “festino” per la troppa coca e quindi pensa bene di chiamare i carabinieri per farsi aiutare. Affidabile quasi quanto un medico, insomma.
In questo casino liquidissimo non ci resta che attendere: ci aspettano sicuramente le memorie di Morisi, ora che Casalino ha molto tempo libero. Abbiamo già il titolo: “Dal barcone alla barchessa”. E comunque, prima di giudicare, provateci voi a passare la giornata con Salvini da lucidi.
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