- Il secolo breve è diventato lungo, stendendo le sue trame di guerra fino a noi
- Le regole della fine del Novecento non valgono più: occorre trovare un nuovo consenso o riproporre le vecchie rivedute e corrette.
- Questa è la portata che attende chi negozierà tra Russia e Ucraina: forse non è la guerra tra Nato e Mosca ma certamente dovrà diventare il modello per la pace di tutti.
La guerra in Ucraina allunga il Novecento: da “secolo breve,” terminato tra il 1989 e il 1991 con la fine dell’Urss e della guerra fredda, si allunga fino a questo fatidico 2022. Diviene così il “secolo lungo”: il Ventesimo che stende le sue trame nel Ventunesimo.
Con esso terminano trent’anni di pace (relativa) e di dominio (quasi totale) dell’economia sulla politica. E’ stato il tempo della globalizzazione che ha interconnesso tutto e tutti in nome dell’efficienza e dell’ottimizzazione, brutto neologismo che ha modellato i rapporti internazionali.
L’idea era che l’economia avrebbe favorito la pace, la stabilità e la prosperità generale perché il commercio odia le guerre e – se lasciato libero di agire - aiuta tutti ad arricchirsi. Era vero solo in parte.
In questi tre decenni la povertà globale è effettivamente diminuita ma le diseguaglianze si sono accentuate: solo alcuni si sono arricchiti; molti altri per niente se non impoveriti. In altre parole: la ricchezza è aumentata ma la sua distribuzione è stata pessima tanto da aumentare le tensioni e smentire la promessa di stabilità e pace.
Pur sollecitato, il sistema neoliberale non è riuscito a correggersi, scommettendo sugli effetti quantitativi senza considerare quelli qualitativi.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: rabbia diffusa, rancore sociale anche nelle società ricche, ripresa delle identità locali o nativiste-indigeniste, populismi e wokismi, nostalgie sovraniste e ripresa dei nazionalismi…
Il tutto nel quadro di un oggettivo indebolimento degli Stati che si sono visti scippare le chiavi del controllo finanziario, monetario e talvolta anche economico tout court.
Il paradosso è stato che il cittadino continuava a chiedere a uno Stato indebolito il sostegno (in casi di fragilità) e i servizi educativi, sanitari e sociali (per tutti) che non poteva più dare, mentre la privatizzazione non riusciva a coprire questi bisogni.
Gli effetti boomerang di un sistema che non è riuscito ad autoriformarsi si sono rafforzati, al punto di riproporre instabilità che si credevano superate.
La frammentazione sociale sommata alla fragilità degli Stati è esplosa in varie crisi, iniziando dalle aree più fragili (mondo arabo, Africa e America centrale) per poi contagiare tutti.
In trent’anni di globalizzazione si era pensato di poter fare a meno anche delle regole multilaterali: così ci si è scoperti senza rete. Ora tocca ricostruire un intero nuovo sistema in un mondo disordinato e in bilico.
La tendenza all’errore sarà più alta, la concorrenza tra nazioni spietata, il rischio di conflitti aumentato.
Le regole della fine del Novecento non valgono più: occorre trovare un nuovo consenso o riproporre le vecchie rivedute e corrette.
Questa è la portata che attende chi negozierà tra Russia e Ucraina: forse non è la guerra tra Nato e Mosca ma certamente dovrà diventare il modello per la pace di tutti.
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