- Preso atto che non c’è nessun ritorno del fascismo, quasi tutti i commentatori hanno fatto una virata (strambata) eccessiva.
- Lodano la moderazione, la visione, il senso dello Stato, l’adattabilità di Giorgia Meloni.
- Sembra andato perduto un discorso nient’affatto irrilevante su quanto nell’azione del governo Meloni discenda dalla eredità di impostazione e di attuazione più o meno avanzata lasciata da Mario Draghi.
La hybris, come sapevano molto bene i greci, non è soltanto un errore (peccato non fa parte della loro terminologia), ma una malattia che colpisce gli uomini in politica, e, naturalmente, oggi anche le donne.
Si caratterizza come una combinazione di sicurezza eccessiva e di arroganza esibita. Probabilmente senza che Giorgia Meloni se ne sia accorta, i primi sintomi della “sua” hybris si sono già manifestati.
Non sono finora stati colti come dovrebbero dai commentatori, italiani e stranieri, perché le loro aspettative concernenti il governo di destra e la presidente del Consiglio erano gravemente inficiate da pregiudizi.
Adesso, preso atto che non c’è nessun ritorno del fascismo, quasi tutti i commentatori hanno fatto una virata (strambata) eccessiva. Lodano la moderazione, la visione, il senso dello Stato, l’adattabilità di Giorgia Meloni.
Gli errori iniziali, in verità, le logiche conseguenze di posizioni ideologiche non sufficientemente indagate, sono stati corretti abbastanza rapidamente.
I rapporti con l’Unione europea sembrano implicare l’accettazione di principi una volta da lei dichiarati esiziali. Gli annunci per il futuro non sono roboanti, ma ottimisti e rassicuranti.
Il bilancio dei fatidici primi cento giorni è, a dire suo e dei commentatori accomodanti, positivo e promettente. In un paese decente, qualche ente autonomo di ricerca e, magari, persino una qualche opposizione avrebbero proceduto ad esprimere critiche puntali, persino formulare un bilancio documentato e alternativo.
Nel silenzio di chi proprio del tutto innocente non è, sembra andato perduto un discorso nient’affatto irrilevante su quanto nell’azione del governo Meloni discenda dalla eredità di impostazione e di attuazione più o meno avanzata lasciata da Mario Draghi. Poi i sondaggi premiano il governo e il capo del governo e allora scocca il tempo della hybris.
Non è ben messo il Partito democratico alla ricerca di una nuova leadership che, comunque, non sembra ancora essere anche un rinnovamento del partito, della sua politica, del suo stesso ruolo. La hybris dice che colpendolo lo si può mettere in ancora più serie difficoltà.
Donzelli e Delmastro Delle Vedove sono più che lieti lanciare l’assalto che, data la loro vicinanza politica e istituzionale a Giorgia Meloni, è impossibile che sia stato deciso e attuato a sua insaputa.
Ridottasi di intensità la bufera, la copertura del capo del governo è arrivata senza se senza ma.
Nella parziale o totale afonia della Lega, tacitata con l’autonomia differenziata, e di Forza Italia, deboluccia sempre sul garantismo per gli altri, Meloni si avvia a riscuotere i successi elettorali regalatigli in Lombardia dal sedicente Terzo Polo e in Lazio dal mancato accordo Pd-M5s. La sua hybris ne uscirà, diciamo, potenziata e compiaciuta.
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