Maschilismo e patriarcato permeano tutta la società e noi donne lo sappiamo benissimo, perché lo viviamo quotidianamente, quindi è certo che si trovano anche dentro il partito democratico, perché fanno parte della cultura di uomini e donne di questo Paese.

Il lavoro che dobbiamo fare ogni giorno è lo sforzo a superare gli stereotipi con cui siamo cresciuti tutte e tutti, a saperli riconoscere e a costruire insieme una nuova cultura della parità, che fa bene sia alle donne che agli uomini, perché libera energie compresse dentro le gabbie di genere, che bloccano le persone dentro ruoli e comportamenti, aspettative e giudizi standardizzati, solo perché nate maschi o femmine.

Perciò è indispensabile agire sia in chiave educativa in prospettiva ma anche formativa oggi, nel dialogo e nel confronto interno, anche nella comunità-partito, perché i pregiudizi sono profondi e spesso inconsapevoli.

Faccio attività politica nella sinistra da ormai venticinque anni, come segretaria politica della mia città, poi consigliera regionale e assessora, ma da sempre mi sono sentita lo “spiegone” dai compagni di strada del mio partito su come funziona il mondo e su come svolgere il mio ruolo. Non sono molti i colleghi maschi della mia zona che abbiano una percorso istituzionale e politico come il mio, ma ancora oggi, a cinquant’anni passati, pur unica parlamentare Pd del mio territorio, ci sono uomini con meno fortuna politica, esperienza e consenso elettorale, magari perfino più giovani, che si sentono di dovermi spiegare le cose: si chiama mansplaining in inglese.

Non ho la pretesa di sapere tutto e indovinare sempre tutto, ma certamente nemmeno l’arroganza di spiegare agli altri come devono fare il loro mestiere, eppure molti uomini sentono di poterlo fare con le donne, a prescindere, solo perché tali.

Sono convinta però che la linea politica inaugurata da Elly Schlein, che insiste fortemente sui diritti e sul valore delle differenze, di ogni differenza, nonostante l’ostilità generalizzata o addirittura la denigrazione collettiva, spesso alimentata ad arte su questo, mandi un messaggio molto chiaro, che viene colto dalle più giovani generazioni.

Non è un caso, infatti, che le indagini più recenti rilevino una decisa tendenza delle giovani donne al voto per il Partito democratico e dei giovani uomini al voto più orientato a destra. E sono certa che sia perché con grande chiarezza hanno compreso che la deriva autoritaria e antidemocratica della destra, seppur guidata da una donna, va a svantaggio degli interessi collettivi, ma soprattutto di chi non appartiene al “canone dominante“ su cui la società è organizzata da sempre: quello dell’uomo, italiano doc, eterosessuale, maturo, abile, che detiene il potere.

La prima donna femminista alla guida della politica di sinistra rompe molti più schemi della prima premier donna della destra, che non lavora per le donne. Le giovani lo hanno capito.

*Sara Ferrari è deputata Pd e capogruppo in commissione bicamerale femminicidio e violenza

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