- Getty Images, 80 milioni di immagini, si sta avviando a un giudizio contro le Intelligenze artificiali che hanno imparato il mestiere digerendo le sue foto sparse in rete.
- L’azienda ha scritto una lettera a a Stability AI, la proprietaria di Stable Diffusion, forse la più interessante fra le AI che genera figure, per minacciare causa.
- Interpellate, le Intelligenze Artificiali che utilizzano le parole e le immagini hanno fatto capire che siamo in mezzo al ballo delle astuzie e che i giudici dovranno sciogliere nodi che legano i dollari a milioni.
Mark Getty, nipote dello straricco petroliere, si compiace ogni volta che, sfogliando i quotidiani o navigando su internet, compare il marchio “Getty Images”, dell’azienda di Seattle, che pare ne immagazzini un’ottantina di milioni. Ovviamente Mark si è turbato al comparire delle nuove Intelligenze artificiali che riescono a comporre immagini “li per li”” secondo le richieste dell’utente, capaci pertanto di contendere il fatturato a chi noleggia immagini “storiche” depositate in un catalogo. Senonché s’è scoperto che per elaborare le immagini, le Intelligenze manipolano le storiche foto messe in giro nei decenni pagando Getty e quelli come lui. Accidente inevitabile, perché gli algoritmi si “addestrano” girando per il web e memorizzando quel che trovano, comprese foto e grafiche, le sezionano in schemi semplici e, a richiesta dell’utente, ne compongono di “nuove” che tuttavia riflettono i tratti di uno o più dei pezzi originali. La conseguenza è che Getty Images si ritrova un concorrente che per diventare tale ha usato il suo archivio senza chiedere e pagare.
La causa legale
Ecco perché Getty Images ha scritto una lettera che minaccia causa (oggi in UK, domani in USA) a Stability AI, la proprietaria di Stable Diffusion, forse la più interessante fra le AI che generano figure (ha stipulato un accordo per funzionare sugli smartphone della Apple).
Sul piano delle leggi la questione si collega al concetto di fair use che consente il ricorso non autorizzato a prodotti di comunicazione di proprietà di altri “per scopi d’informazione, critica o insegnamento”. Ma, ci chiediamo, può applicarsi il privilegio riservato all’insegnamento quando lo studente è un algoritmo e dunque un mezzo di produzione industriale come tanti?
I consigli dell’AI
Nel dubbio ci siamo rivolti a ChatGTP, la AI enciclopedica e conversativa che attualmente va per la maggiore e che non esita a sostenere le ragioni di Getty Images perché è «scontata la richiesta di licenza degli autori prima di usare o distribuire lavori in copyright, nel caso delle immagini come in qualsiasi altro campo che riguardi la proprietà cosiddetta intellettuale» (abbiamo asciugato il testo, ma il senso è inalterato).
Siccome ChatGTP ha la sorella Dall-E2 (sono entrambe creature di OpenAI) che genera immagini a richiesta, è stato immediato metterla alla prova con la richiesta di creare una “composizione di Topolino, Paperino e Pippo intenti a chiacchierare”.
Il risultato è quello posto in pagina e rivela che DAll-E2, sorella della ChatGTP che sostiene la inaggirabile forza del copyright, s’è evidentemente addestrata sulle immagini di Disney. Tuttavia ha giocato d’astuzia rispetto al copyright perché i lineamenti di Topolino e Paperino sono leggermente alterati, mentre Pippo è stato addirittura trasformato in un misto di papero e di cane.
Resta il fatto che l’aura della Banda Disney, ovvero il principale valore commerciale, è ben presente. Data la mole degli interessi in campo (Microsoft, ad esempio, è coinvolta in OpenAI matrice delle due AI che abbiamo usato) è scontato che un giudice, se non una legge, dovrà sciogliere un tale groviglio d’intelligenze e di bilioni.
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