- Fra banchieri e militari non può nascere una forza di democrazia globale europea di largo respiro. In Italia siamo in piena campagna elettorale: l'esaltazione degli amministratori e la retorica sui civici darà qualche buon sindaco ma non nuovi statisti.
- Mancano i partiti di cultura da statista collettivo, come quelli dell'immediato dopoguerra.
- Così non si va lontano. E se, senza una legge proporzionale che potrebbe sostenere la partecipazione al voto, l’astensionismo aumenterà ancora di più, finirà per aumentare la frantumazione.
Questa pazza legislatura è già finita e siamo già in campagna elettorale, un passaggio che non è un rito formale ma un grande esame di maturità e di rendiconto delle forze politiche. Tutte le forze politiche che nel 2018 hanno stipulato il patto costituzionale con i loro elettori e con i cittadini si trovano nelle condizioni che tutto ciò che hanno detto allora è stato abbandonato, superato o violato. Le forze politiche non sono cambiate per rinnovamento, ma per successivi adattamenti, trasformismi, mutamenti, tanto che allo stato attuale appaiono per lo più insiemi di protesi tenute dal collante della sopravvivenza e della gestione del potere.
E' un rendiconto negativo, dunque. Tanto più che le forze politiche devono parlare all’elettorato proprio residuale ma anche a quell'elettorato che ha abbandonato il campo della politica, l'astensionismo.
Un fenomeno alimentato dall'antipolitica ma anche da quelle forze irresponsabili che hanno propagandato, per esempio all'ultimo referendum, una tesi che è sostanzialmente distruttiva della democrazia, cioè che l'astensionismo è un diritto anzi un'arma positiva. Quando educhi gli elettori a non votare poi sono le istituzioni a deperire.
In questi quattro mesi saremo di fronte al fenomeno sconvolgente della guerra. Abbiamo già sopportato il vincolo estero del rigore, dell'austerità. Ma nel frattempo non è stato affrontato il tema della democrazia. L'Europa ha dimenticato che era necessario formare un soggetto politico capace di entrare tra le nazioni ordinatrici dei nuovi equilibri internazionali e ha dimenticato che aveva bisogno della forza dell'economia ma anche della forza militare. Lo stato di guerra ha imposto alle nazioni europee la sveglia per cui è nata la nuova Nato.
Questo ci trova sbilanciati dal punto di vista politico: la nuova Nato doveva nascere dopo la nuova Europa, che doveva creare la struttura politica di difesa e garanzia della forza geopolitica dell'Europa unita. Ma così è avvenuto.
Serve dunque la nuova Europa, altrimenti ci troveremo che quelle strutture sostitutive della entità sovranazionale, come è stata la Bce per la moneta e la Nato per la forza militare, saranno chiamate a svolgere un ruolo politico che non è il loro ruolo perché non ha il controllo democratico, e rischia per questo di portare a divisioni, lacerazioni e imposizioni.
Dunque in questa campagna elettorale i partiti devono dire qual è l’idea di nuova Europa politica, i suoi rapporti con la nuova Nato, con la Bce, con il potere politico delle Corti, che possono modificare le legislazioni all'interno dei paesi. E invece le nostre classi dirigentisi sono rinchiuse nella microlocalità. L'esaltazione degli amministratori e delle gestioni comunali, la retorica sui civici e sul civismo, ci potrà dare qualche buon sindaco ma non ci darà nuovi statisti. Mancano i partiti di cultura da statista collettivo, come quelli dell'immediato dopoguerra.
Così non si va lontano. E se, senza una legge proporzionale che potrebbe sostenere la partecipazione al voto, l’astensionismo aumenterà ancora di più, finirà per aumentare la frantumazione. E la prossima legislatura sarà non di breve ma di brevissima durata. Con grave danno anche per la costruzione della nuova Europa. Che sarà se a difendere l'Europa resteranno solo le istituzioni non politiche, come Bce e Nato? Fra banchieri e militari non può nascere una forza di democrazia globale europea di largo respiro.
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