- Come dice Beppe Grillo sul suo blog, il limite ai mandati per le cariche elettive è in genere usato per evitare che i rappresentanti prendano troppo potere. Quindi è giusto mantenere il limite dei due mandati per i parlamentari Cinque stelle?
- Si può limitare il doppio mandato alla stessa istituzione: Di Maio potrebbe fare il ministro, il presidente di regione, il sindaco, il consigliere comunale, ma non il parlamentare. Così si tutelerebbe la competenza maturata senza eternare carica, status e potere.
- L’alternativa è abolire il limite dei due mandati ma a quel punto come si potrebbero ancora qualificare i Cinque stelle? Perché votare loro e non, che so, Italia viva?
Come dice Beppe Grillo sul suo blog, il limite ai mandati per le cariche elettive è in genere usato per evitare che i rappresentanti prendano troppo potere, o che lo usino durante il mandato per tutelare se stessi invece che l’interesse generale. Quindi è giusto mantenere il limite dei due mandati per i parlamentari, al momento in vigore nel Movimento Cinque stelle?
Anche i parlamentari più scarsi hanno una curva di apprendimento. Se si dedicano al loro lavoro con impegno, dopo due legislature saranno politici più bravi di quando hanno iniziato. Perché disperdere quella competenza e regalarla ad altri, di solito a società di lobbying?
Fin dai tempi di Max Weber gli studiosi sanno che la politica può (e deve) essere una professione. Ma l’intero progetto politico dei Cinque stelle si fonda sull’idea che la democrazia rappresentativa funziona al meglio se gli eletti sono persone normali, perché soltanto loro potranno farsi interpreti delle istanze del popolo invece che degli interessi particolari (una volta dicevano “della Casta”).
Da un certo punto di vista, i Cinque stelle sono vittime del proprio successo: hanno dimostrato che quell’approccio può funzionare. Un giovane senza studi e senza curriculum è diventato prima vicepresidente della Camera e poi ministro del Lavoro, dello Sviluppo, degli Esteri e oggi è stimato da (quasi) tutti. Un professore senza esperienza si è trovato presidente del Consiglio e se l’è cavata. Gente di buona volontà che non sapeva l’indirizzo del Parlamento ha guidato commissioni, ministeri, agenzie.
La parabola della leadership Cinque stelle conferma le intuizioni e limiti del progetto originario: a fare politica si impara e non tutti quelli che vogliono rimanere in parlamento sono rapaci difensori di privilegi, ma è anche vero che senza il limite dei due mandati la tentazione di piegare le regole per conservare il potere è irresistibile.
L’evoluzione di Luigi Di Maio, oggi oppositore del limite ai mandati, conferma alcuni miti del M5s di un tempo (chiunque può fare politica) ma anche le paure ancestrali (chi scopre il potere poi non può più farne a meno).
Abbandonare il limite dei due mandati significherebbe per i Cinque stelle abbandonare l’unica vera intuizione caratterizzante di un progetto che è nato come post-ideologico e post-partitico, senza una vera identità specifica (tanto che ha governato con tutti).
Per salvare quel che resta delle velleità originali, l’unico modo è limitare il doppio mandato alla stessa istituzione: Di Maio potrebbe fare il ministro, il presidente di regione, il sindaco, il consigliere comunale, ma non il parlamentare. Così si tutelerebbe la competenza maturata senza eternare carica, status e potere.
L’alternativa è abolire il limite dei due mandati ma a quel punto come si potrebbero ancora qualificare i Cinque stelle? Perché votare loro e non, che so, Italia viva?
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