- Per l’anno 2023 è previsto un taglietto al 90 per cento per gli interventi, e con alcune eccezioni, con il solo intento di recuperare risorse per il bilancio dello stato.
- Eppure, negli ultimi anni intorno agli stimoli al settore edilizio si è discusso in tutte le sedi e le critiche di Fratelli d’Italia e anche della Lega erano state nette.
- Al primo banco di prova il governo Meloni manda un segnale di incertezza al settore edilizio e non mostra visione di come riuscire a fare di queste politiche la risposta strutturale all’emergenza bollette e senza alcun legame con l’emergenza climatica.
La revisione del Superbonus prevista nel decreto legge “Aiuti quater” conferma l’idea che per ora il governo Meloni naviga a vista, con poche idee e di corto respiro persino per i dossier su cui da mesi tutti erano consapevoli che si dovesse intervenire.
Per l’anno 2023 è previsto un taglietto al 90 per cento per gli interventi, e con alcune eccezioni, con il solo intento di recuperare risorse per il bilancio dello stato. Per il futuro si vedrà. Eppure, negli ultimi anni intorno agli stimoli al settore edilizio si è discusso in tutte le sedi e le critiche di Fratelli d’Italia e anche della Lega verso una delle politiche più care ai Cinque stelle erano state nette.
Un segnale di incertezza
Proprio per questo stupisce che al primo banco di prova il governo Meloni arrivi impreparato, mandando non solo un segnale di incertezza a un settore come quello edilizio che nel 2022 è stato tra i motori della ripresa economica, ma senza alcuna visione di come riuscire a fare di queste politiche la risposta strutturale all’emergenza bollette che vivono le famiglie e senza alcun legame con l’emergenza climatica di cui si discute in questi giorni nella Cop27.
Perché ha ragione il ministro Giorgetti a definire il Superbonus troppo costoso e iniquo, ma allora non si comprende perché non prevedere un intervento più radicale che non solo riduca la spesa pubblica ma che permetta di spingere gli interventi davvero utili ed efficaci. Emblematica è la contraddizione sui bonus alle villette, che vengono previsti, prorogati al 110 per cento fino a marzo e poi al 90 per cento ma con soglie di reddito e solo nel caso in cui si tratti della prima casa, dove è evidente la volontà di non scontentare il mondo dell’edilizia. Ma in una fase così difficile per l’economia non bastano promesse vaghe per il futuro e impregni a rivedere il Pnrr per destinare risorse per la riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico. Una dichiarazione del genere può andare bene in campagna elettorale ma non quando si sta scrivendo la legge di bilancio di un paese che rischia nel 2023 di vivere una recessione resa più complicata da una spesa energetica che continuerà a essere elevata e in balia di quello che succederà con la guerra in Ucraina.
L’analisi di Bankitalia
L’analisi della Banca d’Italia è quella più efficace per inquadrare i problemi a cui governo e parlamento dovranno nei prossimi mesi dare risposta. Il Superbonus è uno strumento di incentivo inefficace nel ridurre consumi energetici e emissioni di gas serra, perché non premia chi più investe in efficienza e regala caldaie a gas che sono proprio la dipendenza da cui dobbiamo uscire. E non riesce a sbloccare i cantieri laddove più ci sarebbe bisogno, ossia negli interventi per le famiglie a basso reddito, nell’edilizia residenziale pubblica e nei condomini delle periferie urbane, e in particolare al sud. Che il Superbonus abbia funzionato lo si può verificare facilmente facendo un giro tra le ville vuote delle località balneari adriatiche e tirreniche, dove è un fiorire di cantieri aperti che potranno usufruire del bonus pieno fino al 2023. Ma qual è stato il senso di investire in seconde e terze case vuote per larga parte dell’anno?
Conto termico
Se Giorgetti e il ministro Pichetto Fratin sono arrivati impreparati al primo appuntamento sul tema ora dobbiamo augurarci che comprendano l’importanza della sfida. Da un governo politico, con cinque anni di legislatura davanti, è normale pretendere idee e proposte per mettere mano a un sistema di detrazioni che oramai ha perso ogni senso, che spazia tra il 50 e il 90 per cento, con o senza cessione del credito, ma senza alcuna ragione logica rispetto all’obiettivo di aiutare le famiglie a ridurre le bollette. E se la presidente del consiglio Meloni vuole rispettare l’impegno a far tornare la scuola centrale nell’azione di Governo, deve rimettere mano a un sistema dove i comuni che vogliono riqualificare un asilo nido possono accedere a un incentivo, che si chiama Conto Termico, dove il contributo massimo è ancora molto inferiore al Superbonus e con rilevanti problemi di applicazione.
© Riproduzione riservata