- Prosegue il processo di frammentazione che favorisce solo l’astensione
- Ogni scissione è frutto dell’incapacità di convivere tra sensibilità diverse. La politica vive due fenomeni opposti e contemporanei: frammentazione e polarizzazione
- Occorre non dissipare le energie buone nell’astensione ma convogliarle in un quadro stabile
La scissione di un partito non è mai una buona notizia, soprattutto di questi tempi. Giustamente il direttore di Avvenire Marco Tarquinio l’attribuisce alla debolezza delle culture politiche odierne: non si riesce a stare dentro una forza politica in posizione di minoranza e si sbatte la porta.
La costruzione di un partito dalla forte identità – un noi e non tanti io sommati – coinvolgeva molto di più: si riusciva ad esprimere una posizione e ad influire anche se non si era parte della maggioranza.
Era naturale avere dentro il medesimo contenitore, definito da valori e con una solida cultura politica di riferimento, diverse opinioni e sensibilità.
Oggi il presentismo egocentrico impedisce tale convivenza. Questa è una cattiva notizia per la democrazia che si basa sulla coesistenza di identità politiche differenti dentro un quadro comune fatto di regole costituzionali e di prassi parlamentare.
La tentazione alla continua frammentazione aumenta i rischi della fuoriuscita da tale costruzione collettiva di regole costituzionali largamente apprezzate: seguire la propria identità a tutti i costi porta lontann.
Meglio le correnti che le scissioni, almeno preservano uno scenario condiviso.
Chi gode di più della scissione dei Cinque stelle sono coloro che le scissioni le hanno fatte, talvolta anche subite.
Sarebbe meglio essere più sobri e tenere presente il clima generale: ogni sfarinamento del panorama politico nazionale non porta bene a nessuno.
Gli elettori lo sanno e non premiano mai gli scissionisti: è la saggezza del cittadino elettore che spontaneamente vi scorge qualcosa di pericoloso.
Anche l’affermazione «non potevamo più starci, non ce la facevamo più» sembra legata agli psicodrammi dello scontro fra caratteri più che ad una controversia politica.
Come in altri casi, numerosi osservatori prendono di mira Enrico Letta e il suo Pd consigliandogli di non aggregare, di non dialogare ma di tagliare con il coltello senza curarsi dei frammenti che di volta in volta vanno creandosi.
Quando si tratta di spezzoni prodotti personalisticamente c’è sicuramente del vero in tali suggerimenti: non è bene per un grande partito, che aspira a rimanere cardine stabile della vita politica nazionale, inseguire ogni botta di carattere individualistica.
Quando però si tratta di spinte e controspinte provenienti dalla società, legate ai territori, è molto più saggio osservare con lucidità e calma, cercando di non disperdere nulla, facendosi anche approdo di molte esperienze.
Il nostro mondo – non solo la politica – vive due spinte contraddittorie: frammentazione e polarizzazione.
Si tratta di un dato generalizzato come si vede anche dalle elezioni francesi: la lezione è di riuscire a creare reti abbastanza larghe da convogliare l’energia buona che c’è senza dissiparla nell’astensione.
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