«Questa è una guerra»: è il grido con cui, da giorni, la protesta guidata dal movimento delle donne invade le strade e le piazze delle città della Polonia, dopo la sentenza del Tribunale costituzionale che rende quasi totale il divieto di interrompere la gravidanza. La legge attuale, che risale al 1993, è già tra le più restrittive d’Europa.
Al di là dell’Atlantico, Donald Trump ha nominato in fretta e furia, prima delle elezioni la giudice cattolica e antiabortista Amy Coney Barrett a ricoprire il seggio della Corte Suprema lasciato vuoto dall’icona liberal Ruth Bader Ginsburg. Una decisione che desta più di una preoccupazione per la tenuta della storica sentenza Roe vs. Wade che legalizzò l’aborto nel 1973.
Negli Stati Uniti, i mondi ultraconservatori che sostengono il presidente avanzano da anni un’offensiva contro l’interruzione di gravidanza. E poiché i giudici della Corte Suprema siedono sui loro scranni a vita, a prescindere da chi uscirà vincitore dalle urne l’influenza di Trump rischia di essere duratura.
Una stretta sull’aborto è intanto in atto anche nel Brasile di Jair Bolsonaro, dove è diventato più difficile interrompere la gravidanza in caso di stupro, cioè in uno dei pochi casi previsti dalla legge.
Il vento conservatore, insomma, che soffia nelle Americhe come in Europa, minaccia sempre più concretamente i diritti riproduttivi delle donne, come mostra un recente volume dedicato ad aborto e politica nel mondo, Dai nostri corpi sotto attacco (Ediesse), curato da Ilaria Boiano e Caterina Botti.
I nativisti e le donne
Ma perché questa ossessione con il controllo dei corpi delle donne? Dire che dietro c’è l’influenza della chiesa cattolica o di quelle evangeliche non risolve la questione, e in realtà sposta semplicemente il problema.
Perché la domanda è politica, e può essere riformulata così: che ruolo ha l’offensiva contro l’aborto nella strategia di potere della destra populista e nazionalista? Per rispondere, bisogna tenere presente la dimensione di genere di questo progetto politico.
Secondo due studiosi del populismo come Cas Mudde e Cristóbal Rovira Kaltwasser, il populismo nazionalista di destra nasce dalla combinazione con altre due ideologie: il nativismo e l’autoritarismo. Entrambe presentano precise implicazioni per quanto riguarda la visione delle relazioni tra i generi.
Il nativismo prevede che lo stato sia abitato solo a chi vi appartiene per nascita e discendenza. Implica quindi la sorveglianza dei propri confini per scongiurare il pericolo di “sostituzione” delle popolazioni “autoctone” da parte di quelle “allogene”. Ma implica anche, specialmente in paesi preoccupati dai bassi tassi di fecondità, come la Polonia o l’Ungheria, la promozione di politiche pro-nataliste per la crescita dei figli della nazione.
Siccome non c’è riproduzione di esseri umani che non passi attraverso un corpo di donna, la costruzione concettuale del nativismo rimanda sempre a un’esigenza di controllo dei corpi femminili. Da qui la convergenza con l’agenda anti-abortista dei gruppi religiosi ultraconservatori.
Anche l’altra gamba ideologica del populismo nazionalista, l’autoritarismo, implica una dimensione di genere, perché persegue la rifondazione della società su un ordine gerarchico. Avversa quindi, in principio, ogni trasformazione in senso paritario di relazioni asimmetriche, come quelle basate sul genere e sull’orientamento sessuale.
L’offensiva contro l’aborto non è quindi un aspetto secondario nella dinamica di trasformazione populista e autoritaria in atto in paesi come la Polonia o l’Ungheria, gli Stati Uniti o il Brasile: è parte della sua struttura profonda.
L’hanno capito le donne e i giovani polacchi che sono oggi in rivolta contro il partito di governo, Diritto e Giustizia (PiS). Protestano contro l’ingerenza della chiesa nello stato, ma anche contro la deriva illiberale che ha fatto saltare la divisione dei poteri e portato il Tribunale costituzionale sotto il controllo dell’esecutivo.
La «guerra» non l’hanno dichiarata le donne, ma il potere politico, attaccando i capisaldi della democrazia costituzionale. Un potere che ora, nel pieno di una pandemia incontrollata, prova a farsi scudo delle norme emergenziali di difesa della salute per fermare le manifestanti. Dimostrando in realtà quanto proprio tenga in conto proprio la salute delle donne, di cui l’aborto libero e sicuro è una componente essenziale.
Per questo la battaglia delle donne polacche riguarda l’Europa e il mondo interno. Perché riguarda il futuro della democrazia.
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