La vera novità del nuovo governo è la sincerità dei suoi ministri. Bisogna riconoscere che non ci sono nani e ballerine. Al contrario quasi tutti i ministri portano con sé una storia personale che è un vero programma di governo.
Se la promessa dell’alto profilo è stata disattesa, bisogna dar atto al governo Meloni di avere però un profilo sincero. Intendo con questa sincerità una caratteristica del tutto nuova rispetto ai precedenti governi di destra: sappiamo perfettamente cosa dobbiamo aspettarci dal loro mandato.
Il metodo usato da Meloni è proprio quello della sincerità: quasi tutti i ministri portano con sé una storia personale che è un vero programma di governo. La loro immagine pubblica è consustanziale alle loro battaglie politiche.
Prendiamo Daniela Santanché al Turismo: incarna letteralmente un’idea di società in cui il turismo è roba da ricchi e i poveri, tutt’al più, possono partecipare alla scena nel ruolo di schiavi (ma col divieto di chiamarli col loro vero nome, potranno essere definiti soltanto “comparse”).
Guido Crosetto alla Difesa non sarà costretto a fare ciò che egli incarna? Le decisioni sulla guerra e sulla pace saranno prese dalle imprese che commerciano armi.
La sincerità che muove la scelta di Eugenia Roccella è sotto gli occhi di tutti. Roccella non è una figura caricaturale, è una vera nemica dei diritti delle donne.
I ministri saranno condannati a essere ciò che rappresentano
Paradossalmente, questo governo è pieno di competenze, se non fosse che qui la competenza non è misurata sulla qualità ma sugli interessi garantiti. Gilberto Pichetto Fratin è un altro esempio: la sua biografia garantisce che il suo programma sarà di dare sicurezza alle aziende contro ogni tentativo reale di transizione ecologica.
La reputazione di Giuseppe Valditara è tutta legata all’aver ispirato la riforma Gelmini e non c’è alcun dubbio che egli non potrà smentire ciò per cui è diventato ciò che è.
Forse l’unico ministro a cui questo criterio della sincerità non si può applicare è quello dell’Economia. Giancarlo Giorgetti all’Economia rappresenta se stesso, cioè un politico la cui qualità più riconosciuta è non avere un’idea precisa. M
Non potendo essere se stesso, chi sceglierà di essere, Giorgetti? Se sceglie di assecondare il suo draghismo, farà perdere il consenso per cui sono stati votati; se sceglie di seguire l’estremismo salviniano, destinerà Giorgia Meloni a far la fine di Liz Truss, visionaria carneade del nostro tempo.
Questa generale coincidenza tra persona e contenuto politico è così stringente che nessuno potrà uscirne, se non a condizione di smentire tutta la propria biografia. Mi pare proprio questo aspetto a rendere inappropriate le normalizzazioni in atto.
I ministri saranno costretti a recitare la parte che hanno ripassato per decenni e per cui sono stati scelti. Il metodo della sincerità ha portato alla costruzione di un governo di personaggi.
Congedarsi dal populismo e confrontarsi col neoconservatorismo
La sincerità come criterio di scelta ha dato luogo a una trappola infernale per questo paese, temo. Ma al contempo è grazie a questa sincerità che possiamo riconoscere almeno due buone notizie.
La prima è che questi personaggi recitano una tragedia che non attrae più spettatori. È sufficiente un semplice elenco, incompleto: Fitto, Calderoli, Bernini, Meloni, Santanché, Crosetto, Giorgetti, Fratini, Urso, Roccella....
Buona parte dei nuovi ministri in realtà sono vecchi. Sono stati scelti perché ciascuno di loro è mosso dalla brutale volontà di finire un lavoro lasciato in sospeso anni fa.
Come in una pagine de Le città invisibili di Italo Calvino, osservo i nuovi ministri: sono un’eterna ripetizione che va avanti in loop da decenni. Pronti a trasformare l’Italia nella forma che hanno sognato in un tempo che non ha alcuna possibilità di tornare. Mossi dall’imperdonabile pretesa di portare a compimento dei desideri che dovrebbero essere ormai solo brutti ricordi. Ecco, io ho fiducia nella loro sincerità.
Costretti a recitare la propria parte, sarà l’inevitabile ultima parola del presente a smascherare il loro inganno. Niente di ciò che loro stessi sognano potrà essere attuato senza produrre conflitto sociale.
La seconda buona notizia riguarda ciò che resta della sinistra. Una destra così sincera non si era mai vista. Dunque basterebbe non usare più in alcun modo le parole che usa la destra. Se per decenni anche a sinistra abbiamo indugiato sul merito, grazie alla destra possiamo finalmente smettere di esserne tentati.
Finalmente possiamo congedarci dalla falsa opposizione di elitismo e populismo (per poi prendere la parte delle élite). Non è su questa faglia che si giocano i conflitti politici e sociali, ma su quella tra neoconservatorismo e nuovo socialismo. Un governo così sincero può forse aiutarci a capirlo definitivamente.
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