Susanna Ceccardi domenica mattina, al seggio nella sua Cascina per votare, aveva detto di aver dormito serenamente e che tutto, compresa la coincidenza con il compleanno di sua madre, la induceva a definirla «una giornata storica».
Si racconta che anche il principe di Condé dormì profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi come scrisse Alessandro Manzoni nei Promessi sposi. Solo che il condottiero francese la battaglia di Rocroi la vinse, mentre Ceccardi deve a quanto pare rinviare l’appuntamento con la storia.
Le proiezioni di ieri sera e i primi risultati parziali dello spoglio in Toscana danno il candidato del centro-sinistra Eugenio Giani in netto sulla candidata della Lega, sopra il 48 per cento mentre Ceccardi non sembra superare la soglia del 40per cento. Un risultato per Giani che ribalta le indicazioni dei sondaggi, che davano i due candidati più forti appaiati attorno al 42-43 per cento.
Per Matteo Salvini l’appuntamento con la conquista di una regione rossa è nuovamente rinviato, dopo la sconfitta dello scorso mese di gennaio in Emilia Romagna, dove il governatore Stefano Bonaccini aveva respinto l’assalto di Lucia Borgonzoni.
La delusione Toscana lo indebolisce sia all’interno della stessa Lega (con il governatore del Veneto Luca Zaia trionfalmente rieletto), sia nel centro-destra con Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni che raccoglie in Toscana un voto abbondantemente superiore al 13 per cento mentre la Lega, poco sopra il 20 per cento, sembra confermare con il risultato i timori degli alleati centristi che accusano Salvini di spaventare l’elettorato moderato.
Tiene il Pd (sul primo 40 per cento delle schede scrutinate riporta un buon 35 per cento), affonda Matteo Renzi che con la lista Italia Viva (insieme a +Europa di Emma Bonino) non arriva al 5 per cento laddove sperava di arrivare nei dintorni del 10.
I partiti del centro-sinistra, Pd e Italia viva, avevano fatto di tutto per perdere la Toscana, soprattutto con l’indicazione di un candidato poco entusiasmante come Giani, il tagliatore di nastri detto da Ceccardi «il mangiatartine». Di fronte alla prospettiva di vedere la Lega al governo della regione e, soprattutto, all’assalto del sistema sanitario regionale che deve la sua eccellenza soprattutto alla difesa della sanità pubblica dagli appetiti dei privati, gli elettori toscani hanno fatto da soli.
Dalle prime indicazioni Giani, nonostante fosse appunto un candidato poco attrattivo soprattutto per l’elettorato più di sinistra, prende più voti delle sue liste, e questi consensi aggiuntivi (ma non decisivi) vengono dal voto disgiunto delle liste di sinistra e in parte anche da elettori del centrodestra: le prime indicazioni danno al di sotto dei voti delle loro liste sia i candidati a governatore della sinistra-sinistra (Tommaso Fattori di Toscana a sinistra, Salvatore Catello del Partito comunista e Marco Barzanti del Partito comunista italiano) sia la stessa Ceccardi, vittima anch’essa, in misura sia pure minima, di voto disgiunto a favore del suo avversario. Gli elettori toscani hanno fatto da soli soprattutto perché quasi tutti i partiti si sono presentati all’appuntamento con le regionali sfasciati dalle loro lotte interne.
Alla vigilia del voto il segretario regionale di Forza Italia Stefano Mugnai si è dimesso per protesta contro l’imposizione da parte del boss nazionale Antonio Tajani della candidatura di Marco Stella come capolista a Firenze. Due giorni prima della fine della campagna elettorale gli altri candidati di Forza Italia nella lista per il consiglio regionale hanno protestato contro la presenza di Tajani e del commissario regionale del partito Massimo Mallegni (nomianto dopo l’uscita di Mugnai) a una manifestazione elettorale di Stella dalla quale erano esclusi tutti gli altri.
Anche il centro-sinistra è arrivato all’appuntamento un po’ sbrindellato. La segretaria regionale di Sinistra italiana Daniela Lastri si è dimessa all’inizio dell’estate quando la maggioranza delle federazioni provinciali ha detto no alla sua proposta di allearsi con Giani.
Il Pd toscano è ancora devastato dalle lotte intestine tra i seguaci del leader nazionale Nicola Zingaretti e i renziani che non hanno seguito Renzi in Italia viva. È stata così merce comune della campagna elettorale vedere singoli candidati zingarettiani fare campagna elettorale da soli, con il supporto di esponenti nazionali come Enrico Letta e Andrea Orlando, mentre i renziani hanno chiamato a supporto altri big come il ministro della Difesa Lorenzo Guerini.
© Riproduzione riservata