Susan John, una donna di 43 anni è morta di fame e di sete nel carcere di Torino. Sarebbe più giusto dire che è stata uccisa dall’incuria e dal disinteresse generale delle autorità carcerarie, malgrado fosse in grave pericolo rifiutando cibo e acqua. Ciò è accaduto – fa orrore dirlo ma non può che essere così – perché Susan era nigeriana, nera e povera. Fosse stata italiana o “bianca” – ripeto fa orrore ammetterlo – avrebbe ricevuto certamente più attenzione.

Intollerabile

Questa ennesima tragedia carceraria non può essere tollerata in un paese civile. Vista la sua sdegnata e immediata reazione, vogliamo sperare che la senatrice Ilaria Cucchi prenda in mano tale morte scandalosa e, nell’accertare la verità, metta tutta l’energia e la resilienza di cui sappiamo è capace. Ci permettiamo di chiederlo perché di questa assurda morte sono responsabili le istituzioni e purtroppo sappiamo già che tenteranno di insabbiare e far dimenticare tutto al grande pubblico.

È necessaria invece un’azione esemplare che lasci inciso nella coscienza nazionale un fatto incontrovertibile che serva da deterrente. È tempo di portare a conoscenza del paese che le morti nelle carceri italiane sono troppe, ingiustificate e assolutamente evitabili. Di Alfredo Cospito e del suo sciopero della fame si è parlato molto, così come delle condizioni dei condannati al 41 bis.

Ma degli altri, della stragrande maggioranza dei detenuti, siano essi italiani o stranieri, non si parla mai. Soprattutto non si affronta la questione dei suicidi che sono tanti: secondo gli stessi dati del ministero, nel 2022 in media c’è stato un suicidio in carcere ogni 4 giorni e mezzo. Sono 84 casi che rappresentano più di 20 volte la media nazionale. Si tratta della cifra più alta dal 1990, anno in cui è iniziata la raccolta dei dati. Ci sono in realtà molti studi e numerose associazioni che si occupano del fenomeno e frequentano le carceri italiane portandovi conforto, formazione e assistenza.

Senza voce

Ma tutto ciò raramente appare sui media. Ciò che qui si vuole rimarcare è l’assenza di attenzione nazionale al tema delle carceri in generale e allo scandalo dei suicidi in particolare, a cui si devono aggiungere le morti accidentali a causa delle cattive condizioni di detenzione, e quelle per malattia dovute alle cattive cure. Il periodo del Covid-19 è stato tragico per chi era in prigione, senza distanziamento, ausili e vaccini in ritardo.

Ciò che più impressiona è l’abbandono degli stranieri poveri, così come dei rom in carcere: la durezza della nostra società, sempre più spietata con chi viene da quei mondi dimenticati, si trasforma in una condanna ancor più dura a causa del disprezzo per le loro vite, lasciate deperire nel più totale disinteresse.

Possibile che nessuno sapesse che Susan si stava lasciando morire? E se qualcuno sapeva – come pare dai primi accertamenti – possibile che non abbia reagito? Come siamo giunti a tale livello di disumanità? 

© Riproduzione riservata