Fa discutere la candidatura di Marco Tarquinio nella testa di lista del Pd per le elezioni all’europarlamento. A motivo delle sue posizioni asseritamente dissonanti da quelle prevalenti nel partito su due diversi fronti: la sua contrarietà, di stampo pacifista, alla fornitura delle armi all’Ucraina; e, per altro verso, il suo ancoraggio a posizioni tradizionali cattoliche sulle cosiddette questioni eticamente sensibili.
È l’occasione giusta per una riflessione circa lo statuto ideale del Pd. Esso nasce come partito aperto e inclusivo, di laici e cattolici, all’insegna del pluralismo delle concezioni etiche e delle culture politiche. Sia chiaro: scommettendo sulla convinzione che si possa conciliare tale genetico pluralismo con l’esigenza di darsi un profilo identitario riconoscibile di natura politica e programmatica. Di più: che ciò rappresenti un elemento di forza, non di debolezza. Naturalmente a certe condizioni. Una in particolare: la elaborazione del suddetto pluralismo delle visioni e delle idee affidata alla vivacità e ella qualità del confronto interno volto a maturare sintesi politico-programmatiche condivise; un costume e regole atti a gestire il dissenso, come si conviene ai grandi partiti democratici. Come fu anche in passato.
Le armi
Ma consideriamo il caso in oggetto. Pace e guerra, nonché la politica estera e di difesa sono certamente questioni cruciali per un partito. Tuttavia domando: si può limitare e risolvere la questione nel sì o no a nuove armi a Kiev? Una discussione degna sull’argomento dovrebbe semmai abbracciare la visione geopolitica, le grandi coordinate della politica estera. Esemplifico: non genericamente l’atlantismo e l’europeismo – capisaldi delle nostre storiche alleanze che nessuno mette in discussione – ma il modo di concepirle e praticarle: un atlantismo non dogmatico e servile arricchito e temperato da un coraggioso europeismo, nel solco di una tradizione, quella dell’Italia, che, anche grazie alla sua proiezione nel mediterraneo, nelle sue stagioni migliori, ha saputo ritagliarsi un suo relativo, autonomo protagonismo. Da Fanfani a Moro, da Andreotti a Craxi. I quali, per tale autonomia, furono accusati di filoarabismo.
In tale quadro, la questione della fornitura di armi a Kiev, che certo impegna a contingenti decisioni, non assurge tuttavia a questione identitaria dirimente. Di più: se opportunamente istruite le ragioni del sì e quelle del no possono e devono fecondarsi a vicenda arricchendo il partito. Come negare che, se ben formulate, le ragioni degli uni (l’autodifesa di Kiev) e le ragioni degli altri (l’urgenza di un negoziato) non si escludano affatto? Poi, ripeto, quando s’ha da decidere, si decide a maggioranza, ma le voci diverse arricchiscono comunque il partito e la qualità politico-culturale del confronto interno. Voglio essere sincero: a mio avviso, a un partito quale il Pd (proprio considerando le sue migliori ascendenze), non si addice semmai una posizione che si rassegna a una inerziale escalation del conflitto militare. In Ucraina, come in Palestina.
La coscienza cattolica
Anche le questioni di natura bioetica prescrivono un approccio analogo. Ovvero l’affinamento di un costume interno informato al metodo di un confronto-dialogo teso alla ricerca di sintesi condivise. Mettendo nel conto che, su certe materie, talvolta le ragioni della coscienza possano fare premio sui vincoli disciplinari. Come si conviene a un partito davvero laico (non laicista) e pluralista. L’opposto di un “partito chiesa” mono-ideologico. A tal fine è necessario contrastare due opposte derive. Da un lato, da parte cattolica, di avanzare proposte di stampo confessionale anziché elaborare laicamente la mediazione di principi etici entro soluzioni politico-legislative suscettibili di essere apprezzate universalmente. Dall’altro, da parte dei laici – e un certo slittamento in tal senso è innegabile nel Pd – indulgendo a una concezione angustamente individualistica dei diritti civili, talvolta a discapito dei diritti sociali, che mette oggettivamente a disagio i cattolici che militano o che votano Pd. Il superamento della vecchia opposizione politica tra laici e cattolici fu l’idea-forza dell’Ulivo della quale il Pd dovrebbe essere l’erede. Una ragione in più per fare della candidatura di Tarquinio un’occasione di riflessione che possa giovare al Pd.
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