I maggiori problemi avvertiti sono: scarsa manutenzione di proprietà pubbliche, disoccupazione, carenza di mezzi pubblici di trasporto, crescita della povertà, mancanza di spazi per i giovani, mancanza di servizi sanitari di base
Sono milioni gli italiani che vivono in periferia. Secondo un’analisi di alcuni anni fa ammontano a quasi 15 milioni le persone che risiedono nelle molteplici periferie urbane. L’Istat ha calcolato, sei anni fa, che nei capoluoghi metropolitani abitano più di 9,5 milioni di persone, di cui oltre un terzo (tre milioni e 200mila persone) alloggia in quartieri in cui il disagio economico è più evidente e marcato.
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Le periferie urbane, inoltre, sono i luoghi nei quali si concentrano i tre processi connotanti le dinamiche demografiche italiane: l’invecchiamento della popolazione, la presenza di popolazione immigrata (regolare e non), la disarticolazione delle famiglie. I maggiori problemi avvertiti da parte di chi vive nelle periferie urbane sono la scarsa manutenzione di proprietà pubbliche (55 per cento), la disoccupazione o mancanza di opportunità di lavoro (53), la carenza di mezzi pubblici di trasporto (47), la crescita della povertà (46), la mancanza di spazi per i giovani (46), nonché la mancanza di servizi sanitari di base (44 per cento).
L’elenco dei fattori di disagio, però, non si ferma qui. Vivere nelle periferie urbane porta con sé molteplici elementi di avversità. Al primo posto abbiamo il pentagono della violenza: spaccio di sostanze stupefacenti (35 per cento), presenza della criminalità (34), imperversare delle bande giovanili (33), dinamiche violente nella relazione tra persone (31), tensioni tra gruppi etnici differenti (25).
A seguire abbiamo il quadrilatero dei fattori di decadenza, di disattenzione delle politiche, di abbandono sociale: scuole pubbliche che non forniscono istruzione di qualità (37 per cento), sporcizia e scarsa raccolta dei rifiuti (35), mancanza di parchi pubblici o spazi ricreativi (28), case fatiscenti (25). Infine, immancabile, il tema della congestione del traffico che viene rappresentato dal 37 per cento dei residenti nelle periferie italiche. Ma anche tra le periferie ci sono quelle di serie A e quelle di serie B, più abbandonate, più dimenticate.
E questa linea di demarcazione incrocia quella tra nord e sud. Il tema della scarsa manutenzione di proprietà pubbliche è al 46 per cento al nord, mentre al sud vola al 61 per cento. La disoccupazione è un aspetto che attanaglia il 71 per cento dei residenti nel Mezzogiorno, contro il 41 per cento del nord. Di pari passo si muove il tema della povertà, segnalato dal 60 per cento nel sud e dal 38 al nord.
Stessa distanza sulla mancanza di spazi per i giovani (64 per cento al sud e 38 al nord), sulla carenza di mezzi pubblici di trasporto (59 per cento nel Mezzogiorno e 44 nel settentrione). Il quadro delle periferie del Mezzogiorno d’Italia porta con sé altre emergenze, come quella della sporcizia e scarsa raccolta dei rifiuti (47 per cento al sud e 25 al nord), della carenza di parchi pubblici o spazi ricreativi (42 per cento al sud e 20 al nord), della mancanza di servizi sanitari di base (58 contro 35).
Le periferie da nord a sud vivono e subiscono le medesime intensità rispetto a problematiche come l’imperversare delle bande giovanili (38 per cento al sud e 36 al nord), la congestione del traffico (sempre 38 a 36), la presenza della criminalità (38 per cento al sud e 33 al nord), lo spaccio di droga (41 per cento al sud e 31 al nord), la violenza (33 per cento al sud e 31 al nord). Unico tema in cui nelle periferie del nord va peggio è quello legato alle tensioni sociali tra diversi gruppi etnici (28 per cento al nord e 25 al sud).
Narrazione che stigmatizza
Sulle periferie si concentra una dimensione narrativa e simbolica determinata dalla stigmatizzazione e auto stigmatizzazione di chi vi risiede, che mette al centro la relazione tra questi luoghi e la concentrazione di diseguaglianze. Le periferie sono luoghi in cui i residenti stessi si percepiscono come avvolti in un destino ineluttabile, come espressione di una profonda alterità sociale e culturale. Abitare in periferia diviene un destino, sinonimo di trappola insidiosa, in un coacervo di flussi legati alla povertà monetaria e abitativa. In esse si sviluppa quello che i sociologi dei sistemi urbani chiamano “effetto del vicinato”: vivere, andare a scuola, frequentare solo persone in condizioni di svantaggio. La segregazione urbana, lo stato di abbandono in cui versano molti quartieri periferici italiani sono al centro della crisi contemporanea delle città. La mancanza di coesione sociale nella relazione tra centro e periferia è uno degli ostacoli primari allo sviluppo e all’integrazione urbana. L’immobilismo sul tema periferie ha portato a una crescita delle forme di disagio e dei portati rabbiosi.
Sarebbe utile non attendere la prossima esplosione sociale per affrontare questa frattura sociale e cercare di ricucirla con una strategia lungimirante e di lungo periodo.
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