- Tre città, tre strategie, una ricetta: evaporazione del Pd.
- Bologna: le primarie di coalizione prima che si faccia la coalizione (che resta indigesta a tutti e non vi è certezza che chi le vincerà riceverà i voti della parte sconfitta).
- Rimini: la successione è monarchica e non tollera primarie, il Pd è irrilevante.
- Roma: primarie inutili visto che la coalizione non c’è e il Pd ha un suo candidato non contestato.
Le primarie sono una scelta imprudente se fatte per ottenere quello che non c’è: unità di volere del partito. E rischiano di trasformare un patito liquido in una massa gassosa. La cautela è doverosa. Ma il Pd pasticcia. Lo dimostra la cronaca di tre città esemplari: Bologna, Rimini, Roma. Appena eletto segretario, Enrico Letta fa una mossa decisa: chiede e ottiene che i capigruppo Pd a Camera e Senato siano donne.
Non si è ancora chetata la polemica con i renziani nel Pd che Matteo Renzi fa una mossa micidiale in vista delle prossime elezioni amministrative: lancia la sfida su Bologna proponendo l’attuale sindaca di San Lazzaro, Isabella Conti di IV, come candidata. Chi di donna ferisce di donna perisce. Letta dichiara il suo sostegno al candidato interno Matteo Lepore, ma non ottiene l’effetto sperato: l’unità. In una posizione antagonista, Ia Conti comincia la sua campagna e per apparire non partitica si dimette da tutte le cariche di IV. Che cosa decide il Pd bolognese? Irrazionalmente, di fare primarie di coalizione. Dove sta la coalizione? Non c’è. Prima indice le primarie di coalizione poi fa la coalizione! Intanto Letta ribadisce il suo sostegno a Lepore, e il Pd si spacca; una buona fetta di nomi pesanti (anche una europarlamentare eletta nelle liste Pd) si sfila e decide di sostenere la Conti in ruolo anti-establishment. Di queste ora la notizia che la lista civica di centrodestra voterà alle primarie augurandosi una “valanga rosa”! Il centrodestra fa le primarie di coalizione di centrosinistra contro il Pd: un miracolo italiano.
Andiamo a Rimini: il panorama cambia. Qui la guerra civile è tutta interna al Pd perchè il sindaco uscente Pd decide lui chi deve essere il suo successore, e non ammette dissensi. Una donna del Pd, presidente del Consiglio regionale dell’Emilia Romagna, Emma Petitti, già in autunno aveva espresso al sindaco la sua volontà di mettersi a disposizione del partito. Apriti cielo: come ha osato l’esterna alla “sua” giunta (quindi non “sua” abbastanza) proporsi? Che sia del Pd non conta nulla. E così si stacca una valanga non rosa ma nera: attacchi, odi, demolizione della persona Emma. Il Pd riminese vuole evitare ad ogni costo le primarie e chiede ai due candidati di fare un passo indietro in favore di un terzo “civico”, che dopo mesi si materializza in un noto avvocato vicino a Forza Italia. Va bene lo stesso, purché non si contesti il volere del sindaco.
E arriviamo a Roma, dove il Pd ha indetto le primarie non si capisce perchè, visto che non c’è coalizione (i penta stellati sono per Virginia Raggi) e il Pd ha scelto il suo candidato, l’ex-ministro Roberto Gualtieri. Tre città, tre strategie, una ricetta: evaporazione del Pd. Bologna: le primarie di coalizione prima che si faccia la coalizione (che resta indigesta a tutti e non vi è certezza che chi le vincerà riceverà i voti della parte sconfitta). Rimini: la successione è monarchica e non tollera primarie, il Pd è irrilevante. Roma: primarie inutili visto che la coalizione non c’è e il Pd ha un suo candidato non contestato.
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