- Il Ministero arriva in ritardo ad alcune scadenza importanti che cadono in questi mesi: fallimentari i risultati delle aste per gli incentivi ai nuovi progetti e in ritardo il Decreto sulle comunità energetiche.
- Cingolani non perde occasione per attaccare gli ambientalisti, criticare le rinnovabili e la mobilità elettrica. Oggi il nemico è Elettricità Futura, l’associazione delle imprese dell’energia che chiede di sbloccare i progetti.
- Draghi ha fatto bene a tentare l’esperimento del nuovo Ministero ma non ha funzionato e non possiamo più permetterci di navigare a vista su rinnovabili e clima
Giugno è il mese degli esami e vale anche per una delle novità politiche più importanti del Governo Draghi, la creazione del Ministero della Transizione Ecologica. Dopo più di un anno e nel contesto di una crisi energetica con prezzi di petrolio e gas alle stelle, per l’invasione dell’Ucraina, è urgente capire a che punto siamo nel passaggio dalle fossili alle rinnovabili sempre più strategico da un punto di vista geopolitico ed economico, oltre che per il clima. In queste settimane cadono alcune scadenze che possono aiutare a formulare una valutazione. La prima sono i risultati delle aste per finanziare i progetti da fonti rinnovabili e le notizie purtroppo non sono buone. Infatti, solo il 13% degli incentivi messi a bando ha ricevuto candidature e conferma di tutti i problemi che gli impianti eolici, solari, idroelettrici e da biomasse incontrano nel nostro Paese. Il ministro Cingolani incolpa il Ministero della Cultura e le Soprintendenze, rivendicando quanto fatto per le semplificazioni per il solare sui tetti fuori dai centri storici e in aree industriali. Intanto però i numeri raccontano che la svolta promessa ancora non si vede, nel 2021 sono stati installati solo 1,35 GW a fronte dei 7 all’anno che dovremmo installare per rispettare gli obiettivi europei. Inoltre, ad una seconda scadenza molto importante il Mite arriva in ritardo. Sono scaduti i termini previsti per l’approvazione di uno dei decreti attuativi per i quali c’è maggiore attesa da parte di famiglie, comuni e imprese per accelerare la diffusione delle rinnovabili, che riguarda le regole per le comunità energetiche. Queste nuove configurazioni sono un pilastro della politica europea di sviluppo delle energie pulite e consentono finalmente di realizzare impianti dove i diversi soci possono condividere direttamente quanto viene dal sole o dal vento. In molti speravano che il nostro Paese si sarebbe affrettato ad introdurre le regole previste da direttive europee ma purtroppo ci sarà da aspettare. Come bisognerà farlo per dare il via libera agli impianti eolici in mare, quelli che oggi vedono in Europa i più ambiziosi piani di sviluppo grazie alle nuove tecnologie flottanti che possono essere ancorate anche su fondali molto alti aprendo possibilità per il nostro Paese di grande interesse. Qui le regole dovrebbero arrivare forse nel 2023 con un altro Governo. Il paradosso è che al ministero è pieno di proposte di eolico off shore che si candidano alla valutazione di impatto ambientale, ma nello stesso ministero non ci sono le politiche per sbloccare i cantieri.
È la mancanza di una strategia chiara per lo sviluppo delle rinnovabili che ancora manca nel nostro Paese e quello scontro che ieri vedeva contrapposti il Ministero dello sviluppo economico e quello dell’ambiente sembra ripetersi ora tra direzioni che lavorano sotto lo stesso tetto. Draghi non perde occasione per ricordare come le rinnovabili sono strategiche per rendere il nostro Paese indipendente dal gas russo, per l’ambiente e il rilancio del Paese. Ma ad oggi la svolta non si vede e, a differenza degli altri Paesi europei, manca anche quella per l’altra gamba delle politiche climatiche, la riduzione dei consumi di gas attraverso l’efficienza energetica. Francia, Germania, Olanda, Spagna hanno messo in campo nuove politiche per la sostituzione delle caldaie a gas con pompe di calore e per accelerare la riqualificazione edilizia con ambiziosi obiettivi di riduzione dei consumi. Lo hanno fatto anche perché è il segnale di cui hanno bisogno il sistema delle imprese e le famiglie per programmare investimenti e interventi in un quadro di così grande incertezza per l’economia. A discolpa del Ministro va detto che non aveva un compito facile, quello che però non ci si aspettava è che una figura tecnica avesse una così grande passione per i palcoscenici mediatici, dove non perde occasione per accusare gli ambientalisti, criticare le rinnovabili e la mobilità elettrica. Oggi è Elettricità Futura, l’associazione delle Imprese energetiche, il primo nemico perché chiede di sbloccare i tanti progetti fermi per la burocrazia. L’assurdo è che invece di convocarli per confrontarsi nel merito non perde occasione per continuare la polemica. Draghi aveva fatto bene a tentare l’esperimento ma oggi possiamo dire che non ha funzionato. Ci sarà tempo per un giudizio sulle responsabilità, ma la domanda che non si può più eludere è se possiamo ancora permetterci di assistere a una gestione di questo tipo e di navigare a vista.
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