- La fine della guerra fredda e soprattutto le guerre in Jugoslavia ai confini dell’Unione hanno posto gli europei di fronte al dilemma su quale ruolo una potenza civile può giocare in una situazione di conflitto.
- Si sono rilevati incapaci, impotenti a intervenire, ed hanno dovuto aspettare l’intervento americano per arrivare agli accordi di Dayton nella guerra serbo-croata (1995) e poi muoversi in sede Nato con le incursioni sulla Serbia nel conflitto con il Kossovo (1999).
- L’aggressione russa dell’Ucraina ha però fatto piazza pulita di ogni distinguo e cementato l’Europa con una unità d’intenti sorprendente.
La politica estera e di sicurezza dei paesi dell’Unione europea ha una storia antica e non sempre di successo. Il primo tentativo, il più ambizioso, risale al lontano 1952, quando Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Olanda, allora solo accomunati nella Comunità economica del carbone e dell’acciaio, proposero di sfruttare un articolo di quel trattato per porre le basi di un esercito comune, la Comunità Europea di Difesa (Ced).
Grazie all’entusiasmo di statisti come De Gasperi, Adenauer e Spaak quel progetto arrivò fino all’ultimo miglio, ma lì cadde . Nell’agosto del 1954 il parlamento francese bocciò la proposta grazie all’ostilità convergente di comunisti e nazionalisti di vario genere.
Quella finestra si chiuse e per quasi quarant’anni non se n’è più parlato. Essendo caduta l’ipotesi di un esercito europeo non rimaneva che farsi proteggere in tutto e per tutto dalla Nato, senza un’altra gamba continentale a reggere l’impegno anglo-americano.
La potenzia civile
Di fronte a questo fallimento l’Europa ha fatto di necessità virtù e si è sempre più dipinta come una potenza normativa o “civile”, cioè un attore internazionale che intende civilizzare l’ambiente esterno diffondendo i grandi principi dell’Illuminismo: una sorta di armata napoleonica che porta i diritti in giro per il mondo con un ramoscello d’ulivo e non sulla punta delle spade. E quindi, cooperazione, commercio e scambi culturali divengono le ”armi” dell’UE per interagire con il resto del mondo.
La fine della guerra fredda e soprattutto le guerre in Jugoslavia ai confini dell’Unione hanno posto gli europei di fronte al dilemma su quale ruolo una potenza civile può giocare in una situazione di conflitto.
Si sono rilevati incapaci, impotenti a intervenire, ed hanno dovuto aspettare l’intervento americano per arrivare agli accordi di Dayton nella guerra serbo-croata (1995) e poi muoversi in sede Nato con le incursioni sulla Serbia nel conflitto con il Kossovo (1999).
L’afonia degli europei durante le guerre Balcani ha finalmente smosso l’Europa dal suo torpore . Sul piano comunitario viene varata la Politica europea di Sicurezza e Difesa, e sul piano bilaterale Francia e Gran Bretagna si accordano nel 1998 per dar vita a una «capacità autonoma di azione basata su forze militari credibili», come scritto nel comunicato finale.
Proprio l’accordo di Saint Malò tra Jacques Chirac e Tony Blair fece emergere la sotterranea linea di frattura tra Europa e America su questo piano. Che le uniche due potenze militari europee si accordassero per creare una struttura militare comune scatenò tuoni e fulmini da Washington.
L’allora segretario di Stato Madeleine Albright si precipitò a sconfessare il progetto per difendere il ruolo primario della Nato. Alla fine si arrivò a un accordo, il Berlin plus, che in sostanza recepiva la posizione americana.
Ma questo avveniva prima dell’invasione dell’Iraq da parte della coalizione dei volenterosi guidata dagli Usa, nel 2003. Quell’avventura - nientemeno che una violazione della sovranità nazionale in spregio ai deliberati e alla Carta dell’Onu - spaccò l’Europa in due parti , Francia e Germania,da un lato, e molti altri paesi, tra cui tutti quelli dell’ex blocco sovietico, dall’altro.
Da allora c’è ancora chi non si sente legato a Bruxelles e si fida solo dell’America ( Polonia in testa), e chi prefigura invece una autonomia strategica dell’Europa sulla base delle sue priorità.
Dopo l’Ucraina
L’aggressione russa dell’Ucraina ha però fatto piazza pulita di ogni distinguo e cementato l’Europa con una unità d’intenti sorprendente. Inoltre ha rinsaldato l’intesa con l’America di Joe Biden (ma chissà cosa può succedere se torna alla Casa Bianca Donald Trump, l’ammiratore della “genialità” di Putin…). E ora il tema della difesa comune europea è diventato pressante.
L’unanimismo di questi giorni resisterà anche quando sarà proposta la creazione di un forza militare europea autonoma , pur connessa con la Nato? Oppure ritornerà la divisione tra chi vuole solo potenziare la Nato e chi pensa che la difesa degli europei sia un affare dei cittadini del continente, senza dover ricorrere sempre e comunque all’ombrello americano.
Infine, se siamo veramente tutti pronti a costruire una difesa comune, vogliamo anche pagarne i costi, come ha già fatto la Germania con l’iniezione di 100 miliardi nel budget della difesa? Interrogativi che vanno sciolti al più presto.
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