- Il vero dramma dei licenziamenti disumani riguarda i milioni di precari con contratto a termine ai quali nessuno dice fino all’ultimo giorno se otterranno il rinnovo.
- Uno stato di perenne agonia che avvelena la vita dei più fortunati, quelli che un lavoro per quel mese ce l’hanno.
- Poi ci sono i licenziati che stanno peggio ma non certo per le cattive maniere.
Karl Marx e Friedrich Engels, che di operai trattati male un po’ se ne intendevano, avrebbero chiamato “falsa coscienza” l’attitudine ad affrontare il cancro sociale del lavoro che manca con garrule chiose sul galateo del licenziamento. Così non si guarda in faccia il problema dei 6-7 milioni di posti di lavoro che mancano.
Il punto è che un bel regalo di Natale per tuo figlio (che interessa ad aziende e commercianti) è dichiarato insostenibile per l’azienda in cui lavori. Invece l’occidente si scandalizza se la morte civile, di questo si tratta, viene comunicata via WhatsApp o via Zoom. «Nemmeno il coraggio di dirmelo in faccia», protesta giustamente chi apprende la notizia da un messaggino.
Uno o una che non sanno come dare la notizia ai propri figli reagisce anche inveendo contro le cattive maniere. Ma due giorni fa il direttore della Caterpillar di Jesi ha affrontato gli operai inferociti dalla notizia di 270 licenziamenti dicendosi «molto dispiaciuto», e quelli, sentendoselo dire in faccia, l’hanno costretto a una fuga precipitosa.
Il capo dell’azienda americana Better.com, Vishal Garg, ha convocato 900 dipendenti per una riunione su Zoom, e ha esordito in modo strepitoso: «Se siete in questa call è perché siete tra quelli che saranno licenziati». Poi, dopo aver sottolineato lo sforzo di trattenere le lacrime, ha chiarito: «Volevo che lo sapeste da me».
Ci ha messo la faccia, ma il risultato è stato che la notizia ha fatto il giro del mondo come sintomo di una deriva sempre più selvaggia dei rapporti di lavoro. In realtà i sintomi sono ben altri. Non c’è un modo rincuorante per dirti che da domani non saprai come mandare avanti la famiglia.
Invece sembra da certi commenti che la perdita del lavoro sarebbe meno dolorosa se comunicata su elegante carta pergamena e consegnata da un messo a cavallo. Ben venga comunque il licenziamento screanzato se, con preoccupazione degli industriali, induce un’informazione sempre più pigra a parlare del problema del lavoro. Siamo però di fronte a un’illusione ottica.
Quando ti licenziano perdi la paura e protesti rumorosamente. Ma all’interno delle aziende accadono cose ancora più gravi di cui nessuno parla perché gli interessati sono muti per paura e anche i sindacati sono troppo timidi: conoscono e non denunciano, per esempio, il trattamento bestiale che subiscono ogni giorno i precari dei call center.
Infine, il vero dramma dei licenziamenti disumani riguarda i milioni di precari con contratto a termine ai quali nessuno dice fino all’ultimo giorno se otterranno il rinnovo.
Uno stato di perenne agonia che avvelena la vita dei più fortunati, quelli che un lavoro per quel mese ce l’hanno. Poi ci sono i licenziati che stanno peggio ma non certo per le cattive maniere.
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