- Nella lista della spesa per il NextGeneration Eu ci sono anche 13 milioni di euro (e sei anni di lavoro) per la «domotica di controllo» di tutti gli impianti del palazzo della Farnesina.
- Nel documento che circola c’è veramente di tutto, dai satelliti agli alberi da piantare nelle città, alla digitalizzazione degli archivi degli uffici consolari. E così siamo ancora fermi alla fase delle liste della spesa (anche se temporanee).
- Il fatto che ci siano tante voci, che probabilmente non saranno finanziate, fa capire che ci sono frotte di dirigenti ministeriali che hanno un approccio quasi predatorio ai fondi in arrivo.
Ma davvero la ripresa dell’Italia passa per l’installazione di impianti di «domotica di controllo» di tutti gli impianti del palazzo della Farnesina, la sede del ministero degli Esteri? Rendere “intelligente” la sede di lavoro di Luigi Di Maio (evitiamo battute) è di certo importante, chi oserebbe mai sollevare dubbi sulla necessità della «creazione di un sistema domotico per la gestione coordinata di tutti gli impianti»?
Sono 13 milioni di euro (e sei anni di lavoro), d’accordo, noccioline rispetto ai 209 miliardi complessivi in arrivo dall’Unione europea. Ma è soltanto una delle 587 voci che compongono l’ultima lista della spesa dei progetti da finanziare con il piano NexGeneration Eu, che in Italia continuiamo a chiamare Recovery fund per ricordare a tutti che vogliamo usarlo per aiutare la generazione attualmente al potere e non, come dovrebbe essere, le prossime che soffriranno le cicatrici della pandemia.
Nel documento che circola dal 27 settembre c’è veramente di tutto, dai satelliti agli alberi da piantare nelle città per renderle più verdi, alla digitalizzazione degli archivi degli uffici consolari, ai tagli alle tasse che il commissario Paolo Gentiloni ci ha già detto non essere accettabili come impiego di fondi pensati per la crescita, non per benefici immediati. Ora il ministro delle Politiche europee, Enzo Amendola, che è persona seria, ripeterà che si tratta di documenti di lavoro provvisori, privi di qualunque valore, come quelli circolati a fine agosto e subito smentiti. Resta il fatto che siamo ancora fermi alla fase delle liste della spesa.
Anche in questo ennesimo e sicuramente provvisorio testo non si vede una strategia, ma soltanto il tentativo di usare il Recovery fund come un bancomat per pagare progetti che, in condizioni normali, non riescono mai ad avere abbastanza risorse. Ci sono i piani per la sanità, anche se per finanziare quelli esiste il Mes, che però i Cinque stelle non vogliono. E ci sono tutte quelle voci di spesa che una volta avrebbero fatto inorridire il Movimento fondato da Beppe Grillo: da un miliardo per la messa in sicurezza degli edifici di culto (eppure il Vaticano di soldi ne ha, abbiamo scoperto dalle inchieste, ma li investe in palazzi londinesi o giacimento di petrolio angolani) e addirittura un miliardo di euro per la tanto detestata linea alta velocità Torino-Lione.
Ci sono per fortuna anche tante cose sacrosante, svariati miliardi sulla scuola, sulle infrastrutture in banda larga, sull’evoluzione digitale di una pubblica amministrazione che continua a vivere di carta, penna e timbri. Molte voci della lista non verranno finanziate, speriamo. Ma il fatto che continuino a essere elencate nei documenti di lavoro indica che ci sono frotte di dirigenti ministeriali che hanno un approccio quasi predatorio ai fondi in arrivo, senza alcuna preoccupazione per l’interesse generale. E noi dovremmo essere tranquilli a sapere che saranno loro a gestire i 209 miliardi?
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