Nei giorni scorsi il programma della conduttrice su Canale 5 ha ospitato un medium “certificato” per parlare di occultismo: l’università di Pavia ha smentito di avergli rilasciato alcun documento, ma i corsi riconosciuti che negli atenei italiani vertono su temi ambigui come la comunicazione con l’aldilà e lo sciamanesimo non mancano
- La presenza di questo operatore dell’occulto è stata pubblicizzata ampiamente sul profilo Twitter di Pomeriggio 5 che ne esaltava l’affidabilità tirando in ballo l’ente che avrebbe rilasciato certificazione formale delle sue abilità medianiche.
- In effetti esistono in circolazione certificati di tal fatta che esibiscono non il logo dell’università di Pavia, ma quello dell’università di Padova (non sappiamo se in modo ufficiale o lecito).
- l’elenco delle università italiane che si prestano a queste attività discutibili è lungo. La tendenza è ben stabilita e in atto da anni nel silenzio e nell’indifferenza generale delle strutture preposte alla vigilanza.
La trasmissione televisiva Pomeriggio 5, condotta da Barbara D’Urso, non poteva mancare di offrire copertura mediatica a un evento come la cerimonia dello scioglimento del sangue di San Gennaro a Napoli. Successivamente, con la tipica strategia di contestualizzazione degli argomenti, al rituale superstizioso del sangue è seguita una discussione sull’occultismo, in modo da massimizzare la suggestione sul pubblico.
In questa seconda parte della trasmissione un medium “certificato” avrebbe fatto la sua comparsa sulla scena. La presenza di questo operatore dell’occulto è stata pubblicizzata ampiamente sul profilo Twitter di Pomeriggio 5 che ne esaltava l’affidabilità tirando in ballo l’ente che avrebbe rilasciato certificazione formale delle sue abilità medianiche. Secondo il canale Twitter di Pomeriggio 5 si sarebbe trattato dell’Università degli Studi di Pavia che, trovatasi citata in questo contesto, ha immediatamente replicato tramite il suo account ufficiale smentendo qualsiasi certificazione di abilità medianiche.
Corsi ambigui
L’innesco fornito dal tweet dell’università di Pavia ha però fatto detonare la polemica social. Molti commentatori, tra cui il sottoscritto hanno stigmatizzato il fatto che – per quanto l’università di Pavia fosse innocente in questa circostanza – tuttavia in molte università italiane si tengono corsi (a volte persino con tanto di crediti formativi) e master che trattano argomentazioni o teorie senza fondamento scientifico in modo formalmente “istituzionalizzato” fornendo quindi, grazie al prestigio degli stessi atenei, un’aura di credibilità a materie sostanzialmente pseudo-scientifiche.
Per tornare alla questione delle certificazioni medianiche, grazie a delle segnalazioni sui social si è scoperto che in effetti esistono in circolazione certificati di tal fatta che esibiscono non il logo dell’università di Pavia, ma quello dell’università di Padova (non sappiamo se in modo ufficiale o lecito). In pratica c’è un operatore dell’occulto con laurea in psicologia ottenuta presso l’università di Genova e con tanto di sito web con l’immancabile libro da acquistare, che rilascia questi certificati in base a criteri messi a punto (testuale) con una pionieristica ricerca svolta presso l’università di Genova con la quale, attraverso l’uso di rivoluzionari protocolli scientifici, è in grado di dimostrare l’esistenza della comunicazione con i defunti.
Andrebbe anche capito quindi in quale ambito l’università di Genova sia coinvolta in questo tipo di ricerche. Il sito web in questione fa invece bella mostra delle certificazioni decorate con il logo dell’università di Padova ottenute dai partecipanti e dove il nostro occultista sembra operare correntemente, come mostrato da un video sempre recante il logo dell’università di Padova e con la registrazione di una lezione di occultismo tenuta sembra in quella sede.
Le responsabilità
Ora: o questo signore ha effettivamente un qualche rapporto professionale con l’università di Padova e allora il rettore dovrebbe fornire delle spiegazioni, credo, oppure no. In questo secondo caso però l’università di Padova dovrebbe rivalersi in qualche modo e non tollerare che il suo blasone venga usato in certi contesti.
Allo stesso modo l’università di Genova sarebbe tenuta a spiegare che tipologia di ricerche si svolgono nella loro facoltà di Psicologia visto che qui viene data per dimostrata scientificamente una cosetta da nulla come la comunicazione con l’aldilà scoperta proprio da un ricercatore della loro università. Inoltre, sarebbe interessante capire se questo signore che, tra l’altro, essendo un poliziotto è un rappresentante delle istituzioni, operi al limite dell’impostura.
Infatti, come recita l’articolo del 661 del Codice penale, l’impostura è perseguibile quando sia rivolta verso un numero indeterminato di persone e deve avvenire pubblicamente, di conseguenza integrano la fattispecie in esame anche le condotte attuate a mezzo stampa o attraverso altro strumento di diffusione di massa.
In definitiva sembra logico supporre che il certificatore di medium sia anche abbastanza conosciuto in certi ambienti dello spettacolo per essere arrivato a essere consultato da un programma di largo intrattenimento. Purtroppo, questo di Padova (che ricordiamo è stata l’università di Galileo Galilei e ha visto la nascita del metodo scientifico) è un caso tutt’altro che isolato. Qualche mese fa ho stigmatizzato l’esistenza di un cosiddetto Master in Partnership e sciamanesimo presso l’università di Udine.
Si badi, per evitare facili polemiche dal sapore scientista, che non è un corso “sullo” sciamanesimo (su cui non avrei avuto nulla da obiettare a livello di antropologia culturale) ma proprio “in” sciamanesimo, come si constata dalla scheda del corso disponibile sul sito dell’università. Andando a leggere dei passaggi si trovano due aspetti rilevanti: uno è quello del programma che credo sia interessante riportare almeno in parte. Fondamentale obiettivo del Master è approfondire gli aspetti bioculturali degli studi di partnership nelle letterature e culture fornendo le appropriate basi scientifiche, psicologiche, sociologiche e antropologiche dello sciamanesimo tradizionale.
Il Master intende anche confrontarsi con nuove forme di sciamanesimo, collegate a linguaggi più contemporanei, dove la figura sciamanica si attualizza in ambiti sociali, comunicativi, creativi, artistici e aziendali. Sembra evidente che il corso propone di abilitare i partecipanti allo a pratiche sciamaniche da applicare addirittura in ambito aziendale. Chiaramente un Master del genere prevede una quota di iscrizione (circa 2.800 euro).
Il secondo aspetto rilevante è che, per meglio acquisire queste virtù sciamaniche, si prevede una trasferta di alcuni giorni a St. Pierre in Valle D’Aosta, zona notoriamente atta alla concentrazione di energie cosmiche da parte di potenti sciamani locali. La trasferta comporta guarda caso un costo aggiuntivo di viaggio e pernottamento (a carico del partecipante, forse nelle strutture ricettive dei potenti sciamani valdostani) ma d’altronde dato il suo fondamentale carattere applicativo, probabilmente sono soldi ben spesi.
Non è un caso isolato
Purtroppo, l’elenco delle università italiane che si prestano a queste attività discutibili è lungo. Qualche mese fa furono pubblicati una serie di articoli “scientifici” che mettevano in correlazione 5G e coronavirus tramite elettroporazione, sostenendo esplicitamente che il segnale 5G agisse come grimaldello per far penetrare il SARS-CoV-2 nelle cellule della pelle. Il primo firmatario risulta affiliato all’università Marconi di Roma (privata ma vigilata comunque dal ministero dell’Università e della Ricerca).
Dopo una lodevole iniziativa di alcuni ricercatori italiani questo e altri deliranti articoli (tutti pubblicati su riviste di infimo livello) sono stati ritirati. All’elenco si aggiunge purtroppo anche un’altra prestigiosa università italiana come quella di Bologna dove si tengono corsi (con tanto di crediti formativi) su omeopatia, biodinamica e agopuntura e altri sulla fondamentale tematica dell'enigma dolore-piacere, il parto orgasmico, il dolore del parto e la sua origine da stress e cultura (!), i fondamenti della legge dello sfintere e i poteri dimenticati della vagina. Ripeto: questi corsi danno crediti formativi.
Sempre a Bologna l’Azienda sanitaria locale tiene seminari di Medicina quantistica in cui si sostiene che le scienze umane e mediche stanno mutuando dalle teorie della fisica quantistica e le straordinarie prospettive aperte dal radicale ripensamento del rapporto mente-materia nei processi di guarigione (?) e assistenza ai pazienti e ancora seminari come Pulizia degli organi interni (?) e integrazione delle terapie per la mente, dove si fanno affermazioni bislacche come: «la fisica quantistica sta generando nuove frontiere di cura e nuove strategie terapeutiche» (?).
Una ricerca sulle pagine web del sito della Ausl di Bologna porta spesso come risultato termini assolutamente illeciti dal punto di vista medico come “terapia” e “cura” associate a suggestioni varie, spesso “quantistiche”. A questo scenario si aggiungono iniziative come quella dell’Ordine dei biologi che organizza webinar su come sia possibile nutrirsi con i suoni e sfruttare il potere delle campane tibetane.
Penso che sia difficile sottovalutare la pericolosità di queste derive cognitive dove suggestioni psicologiche o farmacologiche iniziano ad essere battezzate arbitrariamente “cure” o “terapie”. L’elenco dei precedenti è tristemente famoso: “terapia” Stamina, “cura” Di Bella, e così via. Sappiamo che una volta stabilitisi nell’uso corrente e distorto il termine “cura” o “terapia” e formatosi un numero abbastanza grande di sostenitori dei supposti effetti benefici, il passo all’invocazione sperimentazioni che pongano certe pratiche sullo stesso livello della medicina ufficiali è molto breve, anche grazie alle strumentalizzazioni politiche sempre in agguato.
Sembra ovvio come questi episodi siano la punta dell’iceberg e sia plausibile è che molte università e istituzioni pubbliche, finanziate dal denaro del contribuente, stiano cercando di sfruttare, per fini tutti da chiarire, il crescente interesse per tematiche antiscientifiche da parte del pubblico.
È parimenti ovvio come questa pratica cinica sia anche pericolosissima a livello sociale perché, oltre che diffondere ulteriormente una mentalità irrazionale e antiscientifica, addirittura punta a delegittimare il sapere ufficiale dall’interno, nelle sue fondamenta, violando le sue istituzioni più autorevoli con l’arroganza di porsi sul suo medesimo piano.
La tendenza è ben stabilita e in atto da anni nel silenzio e nell’indifferenza generale delle strutture preposte alla vigilanza: le stesse università, i rettori e responsabili dei corsi di laurea ma anche, e non ultimi, i ministeri dell’Università o della Salute nel caso delle Asl. La speranza è che questi attori istituzionali inizino a prendere immediate e serie contromisure per arginare uno tsunami di irrazionalismo di cui sinceramente non si sente alcun bisogno.
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