- Si legge spesso che “si vince al centro”. Quindi per guadagnare consensi ogni partito deve annacquare le proprie posizioni originali al fine di renderle più appetibili a un numero maggiore di potenziali elettori che si situerebbero a metà strada tra destra e sinistra.
- Ma non si vince al centro “deradicalizzandosi” ma, al contrario, enfatizzando le proprie posizioni e distinguendosi nettamente dagli altri partiti.
- L’elettore premia quei partiti che hanno proposte chiare, nette, precise, ben distinte rispetto alle altre offerte del mercato politico.
Per comprendere lo stato dei rapporti di forza tra gli schieramenti politici in Europa è utile interrogarsi su come si è sviluppata la competizione politica tra destra e sinistra negli ultimi decenni. Si legge spesso che “si vince al centro”.
Quindi per guadagnare consensi ogni partito deve annacquare le proprie posizioni originali al fine di renderle più appetibili a un numero maggiore di potenziali elettori che si situerebbero a metà strada tra destra e sinistra.
In questo modo, cioè dirigendosi verso il centro, i partiti catturano quello che, in gergo politologico, si chiama l’elettore mediano, cioè quell’elettore che, secondo gli aruspici moderni – i sondaggisti – incarna, sui vari temi, la posizione condivisa dalla maggior parte delle persone.
Questo schema è stato elaborato in un importante libro pubblicato nel 1957, La teoria economica della democrazia, di Anthony Downs.
Il fatto che sia stato scritto in un periodo così lontano non sminuisce il valore di quella brillante analisi. Tuttavia, alcuni presupposti su cui si basava quella teoria della competizione politica sono tramontati, e da almeno un trentennio si è fatta strada un’altra visione.
Non si vince al centro “deradicalizzandosi” ma, al contrario, enfatizzando le proprie posizioni e distinguendosi nettamente dagli altri partiti.
L’elettore premia quei partiti che hanno proposte chiare, nette, precise, ben distinte rispetto alle altre offerte del mercato politico.
Sempre più radicali
Il panorama politico europeo degli ultimi anni mostra come il successo elettorale - e culturale - dei partiti conservatori e liberali negli anni Duemila non sia dovuto ad una loro maggiore moderazione, tutt’altro.
A partire dall’inizio del secolo, e in alcuni casi anche prima, quei partiti si sono radicalizzati accogliendo l’agenda neoconservatrice promossa inizialmente negli Stati Uniti e in Gran Bretagna da Ronald Reagan e Margaret Thatcher.
Il loro spostamento a destra ha però spianato la strada ad altre formazioni politiche, molto più aggressive e radicali: i partiti populisti di estrema destra di cui Il Front National, ora Rassemblement National, della famiglia Le Pen , padre e figlia, costituisce l’esempio di maggior successo.
La destra, nelle sue due versioni, neoconservatrice e populista, ha conquistato una egemonia continentale. Anche perché ha trovato il vuoto di fronte a sé.
Sul piano economico le sinistre non hanno contrastato il neoliberismo con la riformulazione di una agenda socialdemocratica ed hanno lasciato cadere ogni riferimento all’ intervento dello stato in economia, alla redistribuzione e all’equità. E sul piano culturale sono rimaste inerti, incapaci di respingere l’ondata sovranista e illiberale.
L’unica ancora di salvezza per evitare un naufragio storico l’hanno trovata nella assunzione di una nuova agenda di diritti civili.
Pur senza grande enfasi, tuttavia ultimi decenni hanno raccolto la bandiera dei diritti su temi-etico-morali, dal matrimonio per tutti alle ricerche sulle staminali, dalla fecondazione assistita all’adozione per le coppie omosessuali.
Grazie allo sponsoring su questo versante le sinistra hanno retto l’ondata di destra. Ma solo ritornando alla carica sul piano economico-sociale possono sperare di riprendere l’egemonia perduta.
Modello Germania
Il caso tedesco è emblematico. Fin quando il Partito socialdemocratico si è fatto imbrigliare dalla grande coalizione rinunciando così ai suoi temi caratterizzanti non ha fatto altro che perdere voti.
Solo quando ha cambiato leadership mettendo alla guida del partito una coppia molto radicale, ed si è presentato alle ultime elezioni con il programma più riformatore dai tempi di Willy Brandt, anche se interpretato dalla volto tranquillizzante del “moderato” Olaf Scholz, il partito è tornato ad essere competitivo e vincente.
La svolta della Spd, in parte confermata dal caso spagnolo, indica che la strategia vincente consiste nel caratterizzare il proprio programma, nel differenziare nettamente le proprie posizioni.
È in questo modo che la sinistra riconquista quegli elettori che l’aveva abbandonata proprio a causa dello scolorimento delle sue proposte.
Il panorama europeo è ancora molto incerto in questo inizio di decennio. Il buco nero della sinistra in Francia e le difficoltà nostrane lo evidenziano. Ma il suo destino dipende dalla convinzione di tornare ad essere l’autentico difensore delle classi sottoprivilegiate e riprendere il sentiero della sua missione storica: dare piena, effettiva, attuazione ai principi della rivoluzione francese: libertà, eguaglianza fratellanza.
© Riproduzione riservata