La notizia della morte del motore franco-tedesco è grandemente esagerata. La premier poteva usare il potere che ha per affrontare i problemi italiani ma se ne guarda bene; come uno Zelig muta posizioni a seconda dell’interlocutore, ma alla lunga il principio di non contraddizione, sfidato, si vendica
Francia e Germania attraversano un periodo di grande instabilità politica, minacciate da destre eversive, radicalmente avverse alla Ue. Così va in stallo il famoso motore franco-tedesco; da più parti si rivaluta l'Italia, fin qui additata dalle nordiche “formiche” come regina delle svagate “cicale”.
La notizia della morte del motore franco-tedesco è grandemente esagerata; dà troppo peso alle difficoltà politiche attuali dei due paesi e ne sottovaluta la forza, economica e politica. È giusto rammentare ai troppi distratti i meriti sottovalutati delle nostre medie imprese competitive, come fa sul Sole 24 Ore Marco Fortis, ma sono poche, e non riescono a trascinarsi dietro tutto il paese, che resta afflitto da storici mali.
Chi guarda al di là di quei problemi politici, vede in Francia e Germania economie sostenute da grandi imprese d’avanguardia e profittevoli in molti settori della manifattura – meccanica, elettronica, chimica ecc. – e nei servizi, e da amministrazioni pubbliche ben più efficaci della formalistica nostra.
Il motore tedesco sarà imballato ma le imprese della Mittelstand non si esauriscono nel settore auto, ora in crisi profonda; e la cosa ci tocca d'appresso, essendo le nostre imprese grandi fornitrici delle case auto tedesche.
Le imprese dei due paesi si risolleveranno grazie alla loro solidità finanziaria e alla qualità delle persone, uscite da istituzioni capaci di condurre ricerche d’eccellenza. Fra queste anche persone provenienti, paradossalmente, dall’Italia che le ha formate a proprie spese; sono troppo poche le nostre imprese che credono di averne bisogno e di doverle pagare il giusto.
Fu vera potenza?
La premier Giorgia Meloni avrà più potere di tutti nella Ue, secondo il sito Politico.eu; la domanda è come utilizzerà quel potere, in casa e fuori. L’Italia ha grandi pregi ma incombe la recessione; il governo sonnecchia sugli allori di scelte altrui, come il Pnrr, al quale Meloni fu all’epoca contraria.
Sui mercati i bond vigilantes dormono quieti, meglio non far rumore altrimenti si destano, ma la legge finanziaria – molti l’han qui scritto – anziché affrontare i nostri nodi, li stringe vieppiù; ammicca agli evasori, finanzia bonus e spese ricorrenti con misure una tantum, trascura quelle col maggior impatto sullo sviluppo, come sanità e istruzione, mentre si dilania per settimane sul taglio di 20 euro sul canone annuo Rai.
Lo vuole la Lega, è contro Forza Italia; questa teme ne siano danneggiati il gruppo Mediaset e i suoi azionisti, che, tramite fideiussione, la controllano..
Intanto la Banca dei regolamenti internazionali (Bri) nella rassegna trimestrale dei mercati finanziari mette in guardia dai rischi latenti del debito pubblico eccessivo. Se i governi aspettano che i mercati si sveglino, avvisa la Bri, affronteranno il problema quando sarà troppo tardi.
Roma si ostina, invece, a non ratificare il nuovo Meccanismo europeo di stabilità, che potrebbe essere fondamentale per risolvere eventuali crisi di fiducia dei mercati. Col che veniamo alla Ue, il tema più spinoso; cosa farà a Bruxelles la donna più potente d’Europa?
Meloni Zelig
Nel nostro interesse dobbiamo perseverare nella ricerca di un’Unione sempre più stretta; insieme anche a Parigi e Berlino, favorevoli agli imminenti allargamenti della Ue, purché se ne riveda l’architettura istituzionale e si limiti il diritto di veto a casi eccezionali. Meloni favorirà tale processo o lo ostacolerà, come tutto il suo passato induce a pensare? Da nazionalista, difficilmente appoggerà l’abolizione dell’unanimità per la politica estera e di difesa.
Sosterrà poi una posizione unitaria della Ue nei negoziati con l’America trumpiana o vorrà ottenere piccole concessioni a detrimento dell’Unione? La potenza non è nulla senza il controllo, recita un noto slogan pubblicitario. Quando si è potenti e si esibisce l’intimità con i propri pari e con i più ricchi del mondo, è grande la tentazione, facile perdere il controllo: storia e cronaca ce lo rammentano di continuo, non serve fare i nomi di chi da tali rapporti fu, in buona fede, fuorviato, a svantaggio proprio e del paese.
Meloni è una Zelig, si trasforma e muta posizioni a seconda dell’interlocutore, è un gioco facile, ma non si può troppo a lungo sfidare il principio di non contraddizione; prima o poi questo si vendica, e più tardi lo fa, peggiori sono le conseguenze. Meloni potrà svolgere un ruolo chiave solo se Francia e Germania cadessero prede dell’estremismo eversore di destra. Se esiste un’entità divina, che ce lo risparmi!
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