Il caso Almasri e il fallimento dei centri in Albania aprono una breccia e offrono una grande occasione. È ormai evidente sia che l’epocale questione delle migrazioni è la ferita inevitabile che sta scuotendo il mondo sia che le destre globali hanno deciso di usarla per attaccare il corpo sociale e politico delle democrazie occidentali e costruire il loro nuovo potere in difesa dei privilegi e delle oligarchie.

Ahinoi anche in questa storia l’Italia ha anticipato le tendenze della politica internazionale, portando al governo gli eredi di uno dei partiti postfascisti più antidemocratici che la storia d’Europa conosca, il Msi, e aprendo una breccia nella tenuta dei principi e dei diritti democratici di tutto il continente. Non è un caso che ciò sia successo in Italia, vista la forte esposizione che il nostro Paese ha rispetto ai movimenti incontenibili del sud del mondo.

Democrazia destabilizzata

Ma ora è proprio l’Italia che, con la notorietà internazionale che il caso Almasri e la vicenda albanese stanno avendo, può offrire l’occasione di rendere evidente anche ai più distratti o impauriti la falsità, l’inefficienza e la pericolosità delle politiche securitarie con cui la destra sta destabilizzando le democrazie, per altro senza minimamente poter (e in realtà anche voler) risolvere il problema.

Il caso Almasri dimostra che lo scopo di queste politiche è in realtà rafforzare i trafficanti, trasformarli nei nuovi poteri dei paesi confinanti e consolidarli come alleati solidi di un progetto antidemocratico; progetto che chiaramente vede nei diritti tutelati dalla Corte penale internazionale e dalla giustizia in generale i grandi nemici da abbattere.

Stesso scopo ha il fallimento strategico dei centri in Albania: lo scopo è non farli funzionare per dimostrare che il nemico è la Giustizia. Chiaramente entrambe le cose vengono fatte con abuso di ufficio, minando la sicurezza nazionale e sperperando ingenti risorse pubbliche: d’altronde è normale che per sovvertire l’ordine costituzionale la destra non lo rispetti, ma lo attacchi spudoratamente nella speranza (fondata) che venti anni di paure e tensioni sulle migrazioni aiutino a distrarre l’opinione pubblica.

Paura e confusione

L’evidenza spregiudicata di questo progetto offerta dai due casi può essere usata per svegliare una parte consistente dell’opinione pubblica dalla paura, confusione e distrazione che attraversano le nostre società. Per farlo credo serva l’unione di tutte le forze democratiche, antifasciste e antirazziste che sfruttino l’occasione per costruire insieme un programma chiaro di alternativa all’uso antidemocratico che la destra fa della questione immigrazione.

Un’alternativa capace di far capire che le migrazioni si affrontano e si rendono meno pericolose non facendo alleanze con torturatori criminali o sperperando soldi pubblici per centri illegali in paesi terzi, ma gestendo e controllando flussi regolari di mobilità, ovvero facendo incontrare la necessità e il diritto del sud di muoversi con la necessità e il diritto del nord di ricevere e controllare.

La forza dei numeri

Ricordiamo con chiarezza che in venti anni di follie securitarie di vario tipo l’Italia ha visto aumentare la popolazione straniera del 1.000 per cento, da 500mila del 2004 a 5,5 milioni del 2024: non abbiamo fermato il cambiamento globale in corso, abbiamo solo ucciso migliaia di persone, arricchito i vari Almasri e portato l’estrema destra al potere, creando ferite indelebili nella nostra democrazia e in quella europea.

Quindi, ora che è tutto chiaro, mettiamoci tutti insieme per proporre ai cittadini e alle cittadine (italiani/e e no, ovviamente) un’alternativa seria a questo immane fallimento: ci sono le idee, le esperienze e anche i soldi per farlo (se no non riuscirebbero a finanziare anche cose illegali e inutili). Cos’altro aspettiamo?

Mi auguro che partiti, associazioni e movimenti si uniscano per lanciare insieme la costituente di un’alternativa democratica e solidale verso un futuro delle migrazioni e delle nuove società interculturali basato non su odio e violenza, ma su giustizia e reciprocità. Prima che sia davvero troppo tardi.

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