Vietare la statua della madre che allatta è una follia. Speriamo che il sindaco Beppe Sala cambi la decisione di una commissione totalmente sradicata. Milano è molto di più di come ce la presentano
Non pare molto saggio che Milano “vieti” una statua di Vera Omodeo con la giustificazione che una madre che allatta «non risponde a una sensibilità universale». Ci chiediamo: quale sarebbe la sensibilità che si offuscherebbe per tale opera? Il sindaco Beppe Sala ha chiesto alla commissione di riesaminare la decisione. Confinarla alla clinica Mangiagalli sarebbe una pietosa toppa, peggiore del buco.
Non ci si sorprenda se poi – come illustra un recente sondaggio di Demos – la maggioranza dei cattolici vota a destra: pensa almeno di difendersi da follie del genere. Non è chiaro ciò che la commissione volesse dire con la sua decisione. Favorire una non identificata parte laica? O favorire una presunta neutralità umana? Già si immaginano le facili critiche strumentali: gay party sì, ma una mamma che allatta no? Quali sarebbero i valori contraddetti da una madre con bambino? L’allattamento materno sarebbe un riferimento religioso?
Una questione religiosa
Sulla Stampa Daniela Padoan – di cui condivido il lungo ragionamento – propende per una questione religiosa. Una madre che allatta ovviamente non lo è, ma anche lo fosse c’è da chiedersi quale religione la rifiuterebbe. O quale filosofia. Qualunque bambino, nato in qualunque modo, può essere allattato. Oppure no?
C’è da aspettarsi fior fiore di polemiche con utilizzo politico, da una parte e dall’altra, che non aiuterà nessuno. Davvero complimenti ai componenti della commissione: sembrano dei marziani usciti dal nulla che non si rendono conto di nulla e decidono sulla base del nulla.
O forse sono dei neutralisti, wokisti estremi, spaventati dalla sensibilità umana e ossessionati da paure ideologiche. La loro decisione è fondamentalmente contro le donne.
Cancellare le donne
Anche se la maternità non rappresenta tutta la femminilità né la sola funzione delle donne, resta pur sempre un loro appannaggio che riguarda la preservazione della vita, la sua difesa e cura. Nasconderla o vergognarsene significa cancellare le donne o una parte dell’essere donna.
Se in nome dell’ideologia (del gender?) si cancellano le donne, si capiscono le femministe (dette vetero) che sono contrarie alla cultura Lgbt e woke. Fare figli dovrebbe essere responsabilità condivisa, certo. Al contempo allattare, il sentimento di maternità, non si cancella con un’ideologia, nemmeno per presunta correttezza.
Sarebbe anche bene smetterla di accusare sempre la religione: non si vede quale prete, pastore, imam, rabbino, sacerdote, guru o sciamano potrebbe mettersi contro la maternità e le sue prerogative o i suoi simboli. Non si riesce proprio a immaginare che tipo di ragionamento abbiano fatto nella commissione: più ci si pensa e meno si capisce.
L’identità di Milano
Una Milano presentata così è hors sol, come si dice con una bella espressione francese, fuori dal suolo, cioè completamente sradicata. Ma Milano non è questo, non si può limitare alle apericene, al business finanziario, Fashion week, boschi verticali o movida sui Navigli. L’identità della città è molto di più, profonda e impastata di storia e cultura che hanno fatto il nostro paese e continuano a farlo.
C’è stata una manifestazione di protesta di donne a piazza Eleonora Duse dove la statua doveva essere esposta: bene così. Speriamo che la Milano istituzionale si rianimi e ritrovi sé stessa, in sintonia con una città e un popolo milanese che è molto più e molto meglio di come ce li stanno presentando.
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