È persino scontato che in epoca di nazionalismi ottusi non venga riconosciuta nessuna autorità a un istituto sovranazionale come L'Onu. Il mondo aveva un sogno, alla fine della Seconda guerra mondiale: costituire un organismo legittimato a dirimere le controversie tra Stati prima di precipitare nell'orrore della guerra. Nobile principio, al tempo nemmeno considerato troppo velleitario scossi come si era da quanto successo tra il 1940 e il 1945 e nella convinzione che governanti di buona volontà non volessero ricascare nell'abisso della ragione.

C'erano due vizi d'origine che, almeno dalla caduta del Muro di Berlino e della fine del precedente ordine, abbiamo visto con chiarezza. Il diritto di veto riconosciuto a cinque nazioni mina la possibilità di far prevalere il diritto, sottoposto al capriccio dei detentori di quella golden share.

La mancanza di una forza militare propria poneva le Nazioni Unite nella condizione di elemosinare soldati agli Stati membri, concessi al prezzo di vincoli stringenti su anodine regole d'ingaggio che hanno quasi sempre legato le mani e impedito un'azione efficace dei caschi blu.

Parafrasando Stalin: quante armate ha L'Onu? Domanda retorica: nessuna. C'erano state, in passato, proposte anche concrete per formare un esercito alle dipendenze esclusive del segretario generale. Una quarantina di Stati avrebbero dovuto fornire duemila militari ciascuno, totale 80 mila, in grado di intervenire in modo robusto nei conflitti: ipotesi abortita.

Il prestigio dell'Onu è andato via via scemando in parallelo con il desiderio delle potenze, grandi piccole o medie che siano, di essere padrone a casa propria e nella casa altrui. Citando Blaise Pascal: non potendo fare che ciò che è giusto fosse forte abbiamo fatto che ciò che è forte fosse giusto. Retrocedendo via via dai proprio principi, pur di sopravvivere l'Onu ha accettato di digerire crescenti dosi di ipocrisia. Ha chiamato missioni di mantenimento della pace spedizione in terre dove la pace non c'era affatto.

Ha imbrigliato i militari assoldati con vincoli così stringenti da rendere ininfluente la propria presenza dove ce n'era maggiormente bisogno. Giustificandosi con l'assunto per il quale sarebbe meglio una Onu anche monca di nessuna Onu.

Così l'Onu ha iniziato a morire, anzi è morta più volte nella vergogna dell'impotenza, e Srebrenica, per esempio, è monito perenne di cosa poteva essere e non è stato.

Ora è rimorta tra Libano e Israele con l'umiliazione dei contingenti costretti dall'esercito israeliano a nascondersi nei rifugi per permettere il passaggio dei carrarmati o a spostarsi più in là per non interferire, identiche modalità usate con la popolazione civile di Gaza e dello stesso Libano.

In più lo sfregio delle bombe sugli accampamenti, la via più spiccia per chiarire cosa succederebbe loro nel caso si mettessero in testa l'idea pericolosa di immischiarsi. Una deriva mai raggiunta dall'esercito di un Paese che si vuole democratico e che ha costretto anche il balbettante governo italiano con il ministro Guido Crosetto a spendere il termine di “crimine di guerra”, mai usato tanto per fare un paragone nel caso di Gaza.

Sorge il dubbio (eufemismo) che a tanta tracotanza Israele non sarebbe arrivato se i caschi blu in questione fossero stati americani, o russi, o cinesi. E che abbia considerato senza rischi sparare su cingalesi, indiani, nepalesi, ghanesi, francesi, spagnoli, italiani. A conferma dell'assoluta insignificanza dell'Europa. E anche qui: quante armate ha l'Europa?

Il paradosso è che spara sulle Nazioni Unite uno Stato che è nato grazie a una Risoluzione delle Nazioni Unite peraltro senza mai rispettare i dettami che comprendeva come la nascita di due Stati, resa vieppiù impossibile dalla diuturna costruzione di colonie in Cisgiordania.

E che per Israele l'Onu sia un fastidio di cui non curarsi, prova ne sia il fatto che il segretario generale Antonio Guterres è stato dichiarato dal ministro degli Esteri Israel Katz “persona non grata”, vietandogli di fatto l'ingresso nello Stato degli ebrei per la colpa di aver alzato il dito contro i massacri perpetrati da un anno a questa parte.

Unifil, è vero, ha mancato i suoi obiettivi. Doveva impedire la presenza di Hezbollah e il suo riarmo a sud del Libano e non è successo; evitare le scaramucce sul confine e sono state endemiche; impedire l'invasione da parte di Israele che ora è in atto. Tuttavia ha mediato e raffreddato dal 2006 ad oggi gli intenti bellicosi, garantito almeno una precaria tregua. Non si meritava che l'esercito dello Stato ebraico facesse il gradasso contro caschi blu che, per statuto, non possono nemmeno rispondere al fuoco.

© Riproduzione riservata