È attraverso la promozione della libertà accademica, della solidarietà e della partecipazione che si deve costruire una risposta alternativa a un futuro dominato dall’individualismo e dalla competizione
Uno degli aspetti più inquietanti della nuova amministrazione americana è il brutale attacco all’istruzione, alla cultura e alla scienza. Trump, Vance e Musk lo hanno sferrato vietando l’uso di parole tabù nei lavori accademici e nell’insegnamento, rimuovendo dai siti le pubblicazioni scientifiche che «non sono conformi ai decreti presidenziali», tagliando i finanziamenti federali a tutte le istituzioni sgradite. Sono pratiche autoritarie che distruggono la condizione stessa delle democrazie: la libertà di ricerca e di pensiero.
Ma sarebbe fuorviante pensare che la nuova agenda ideologica dell’estrema destra rappresenti una reale discontinuità rispetto a come da anni si governano le istituzioni scolastiche e universitarie. Tre decenni di politiche neoliberali hanno finito per trasformare radicalmente la missione di scuola e università. La logica della concorrenza, il linguaggio economico e la concezione dell’individuo come capitale umano sono stati integrati nei programmi educativi, trasformando l’istruzione da strumento di crescita culturale e sociale a mero volano di sviluppo economico. Si è puntato a formare “soggetti produttivi” in grado di soddisfare le necessità del mercato globale, a scapito del ruolo critico delle istituzioni educative.
L’egemonia della destra trumpiana che sfida il neoliberalismo affermando con Peter Thiel che «la competizione è per i perdenti», in realtà non fa che proporne una versione autoritaria. Ciò che sta accadendo non è affatto la fine del neoliberalismo, ma una sua riarticolazione all’interno di una visione autocratica della politica, basata sulla medesima logica di mercato. Gli stessi governi europei da anni adottano politiche postdemocratiche, rispondendo alle crisi globali con misure che minano i diritti civili, e privilegiano l’individualismo e la competizione a danno dei valori collettivi e solidaristici.
La destra globale, pur nelle sue contraddizioni interne – tra rivalità economiche e geopolitiche – afferma un’agenda coerente: potere centralizzato, controllo dei media, repressione del dissenso, rifiuto della separazione dei poteri e critica alla cosiddetta “decadenza dei costumi”. Un radicalismo che trova consenso in vaste porzioni della popolazione, sempre più frustrata dagli effetti inegualitari delle politiche neoliberali.
I partiti che ne traggono consenso vanno al potere promettendo di porvi rimedio, ma di fatto ne proseguono l’agenda sotto mentite spoglie varando misure pro-business e leggi che continuano a penalizzare i diritti dei lavoratori e dei migranti. In fondo, neoliberalismo ed estrema destra combattono un nemico comune: il progresso sociale e le forze politiche e intellettuali che si oppongono al totalitarismo del mercato.
Nel campo dell’istruzione la nuova destra promuove gerarchia e competizione come valori supremi, in perfetta sintonia con la retorica neoliberale dell’“eccellenza” e del “merito”. Scuole e università sono sempre più viste come “fortezze” della sinistra intellettuale, e per questo costantemente oggetto di critiche. Insegnanti e ricercatori vengono accusati di promuovere ideologie considerate pericolose, come la “propaganda omosessuale” o il rifiuto delle tradizioni nazionali. Ormai all’istruzione si richiede soprattutto di valorizzare la cultura nazionale e coltivare il rispetto verso l’autorità.
L’agenda autoritaria delle destre estreme, che predicano un’educazione tradizionalista e meritocratica, non è distante dalla logica neoliberale che disciplina e plasma il capitale umano. La convergenza di queste due forze rischia di provocare una mutazione della società. Se il neoliberalismo ha gestito l’educazione secondo logiche di mercato, l’estrema destra fa ora un ulteriore passo e ne fa un dispositivo di disciplinamento finalizzato a un’idea autoritaria e gerarchica della società. L’obiettivo comune è la soppressione di ogni forma di pluralismo, pensiero critico e immaginazione del possibile.
Ma questa alleanza ideologica non è un dato definitivo: è un campo di battaglia. Le politiche di esclusione, controllo e repressione della destra possono incontrare una resistenza altrettanto potente. L’educazione rimane uno degli spazi più fertili per il cambiamento e l’azione collettiva. È attraverso la promozione della libertà accademica, della solidarietà e della partecipazione che si deve costruire una risposta alternativa a un futuro dominato dall’individualismo e dalla competizione. La lotta per un’educazione libera, pluralistica e democratica è una battaglia cruciale del nostro tempo. Solo se vinceremo su questo terreno, potremo dare nuovo slancio alla partecipazione civica e alla giustizia sociale, e contrastare la visione totalitaria che si sta facendo largo anche nelle nostre scuole e università.
Christian Laval, professore emerito di sociologia all’università Paris-Nanterre, sarà martedì 25 marzo alle 9.30 all'università Suor Orsola Benincasa di Napoli nell'ambito della Settimana della sociologia. Nel corso dell'incontro, intitolato "La scuola tra neoliberalismo e neosovranismo", sarà presentato e discusso il volume "La nuova scuola capitalista" che ha scritto con Francis Vergne, Pierre Clément e Guy Dreux e che è appena stato tradotto in italiano.
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