Non deve essere Emmanuel Macron e non deve essere Mario Draghi. Non tocca a Boris Johnson e neppure alla pensionata Angela Merkel.  Negoziare con la Russia, intermediare fra Putin e Zelensky è compito esclusivo e urgente dell’Unione europea. Pertanto, le due autorità che hanno l’obbligo politico e etico di attivarsi sono la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen e l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza Josep Borrell.

Condurre a una tregua immediata e riportare ad una situazione nella quale le armi cedano ai negoziati sarà più probabile, anche se non facile, grazie al fatto importantissimo che l’Unione europea ha dimostrato non soltanto la sua compattezza politica, ma anche la sua volontà univoca di potenza di pace per la pace.

Avendo stabilito una pluralità di pesanti sanzioni economiche nei confronti della Russia, del suo leader, degli oligarchi, e potendo, in assenza di accordi, estenderle e inasprirle, l’Unione va al tavolo delle trattative con risorse di cui può fare uso efficace, scambiandole in maniera appropriata. Abbiamo giustamente plaudito alla inaspettata coesione fra gli Stati-membri e alle loro solidarietà in azione.

Con pochissime e limitate eccezioni, le opinioni pubbliche europee sostengono le posizioni dei loro governi. Questo significa che l’azione diplomatica dell’Unione può partire con il piede giusto e con il vigore che le democrazie hanno regolarmente saputo dimostrare nelle ore più buie.

Avendo già accettato di prendere in considerazione la domanda di adesione dell’Ucraina all’Unione, il Parlamento europeo ha segnalato al legittimo governo ucraino che gli garantirà tutti i vantaggi, che sono molti, che derivano dal diventare Stato-membro.

Poiché l’Unione è stata in grado di produrre e di mantenere la pace al suo interno dal momento della sua formazione ad oggi, la sua credibilità non dovrebbe sfuggire nemmeno a Putin.

Nessun europeo pensa che l’Ucraina nella Ue possa diventare una testa di ponte per attacchi alla sicurezza della Russia, una spina nel fianco. Questo implica che l’Ucraina rinuncerà a un suo eventuale, ventilato inserimento nella Nato. Non ne avrebbe, comunque, più nessuna necessità dopo un accordo chiaro fra Unione europea e Russia.

Non abbiamo modo di fare cadere i sospetti dell’autocrate russo sui possibili rischi di contagio democratico.

Sul tavolo del negoziato, però, von der Leyen e Borrell non dovranno in nessun modo porre le questioni interne al regime russo.

Il Parlamento europeo si è già ripetutamente e giustamente espresso a favore dei diritti degli oppositori. Lì si deve fermare.

Infine, potremo continuare a auspicare che le opposizioni a Putin non siano né oppresse né represse, ma questa è un’altra storia.

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