È sbagliato paragonare la destra populista e demagogica a chiunque si permetta di criticare il sistema economico dominante nel mondo di oggi
Molto interessante l’articolo di Guido Rampoldi sull’internazionale nera. Segue una traccia che unisce le destre mascherate da conservatori (tra le quali anche il partito della nostra presidente del Consiglio, che continua a non fare i conti con la sua storia e con la storia del nostro Paese) con quelle spudoratamente ispirate al fascismo e al nazismo che rimontano in tante parti del mondo.
Poi però scivola pericolosamente categorizzando in modo improprio il pacifismo o la critica all’imperialismo liberale: lo vedrebbero «come nemico dei popoli» i populisti e la destra, ma risuona familiare anche nella sinistra terzomondista e nel pacifismo, che sarebbero «abituati ad affastellare nella categoria tanto il provvidenziale intervento Nato in Bosnia quanto le guerre neocoloniali contro Iraq e Libia». E dunque avvicinando la destra populista e demagogica – sempre però attenta a non intralciare i raffinati meccanismi di autoconservazione del capitalismo liberale e liberista come peraltro han fatto fascismi e nazismo – a chiunque si permetta di criticare il sistema economico dominante nel mondo di oggi.
Un sistema che (peraltro lo ammette anche Rampoldi) produce e ha prodotto guerre coloniali. Ma anche occupazioni illegali, apartheid, cambiamenti climatici devastanti che costringono milioni di persone a migrare, accumuli di ricchezze spropositate che nella storia nemmeno gli imperatori più ricchi possedevano e disuguaglianze inaccettabili.
In particolare Rampoldi se la prende con il pacifismo. Senza considerare che la guerra è “semplicemente” uno strumento, uno strumento terribile perché – la storia recente degli interventi militari lo conferma – la guerra non è mai “la soluzione” e nemmeno una soluzione: è sempre e solo un disastro che distrugge la vita di vita di milioni di persone, di civili innocenti, di bambini, di anziane, di donne e uomini che non hanno certo scelto di combattere contro qualcuno. E che peraltro costa infinitamente di più di quanto costerebbe costruire opere concrete per favorire la pace: con un cacciabombardiere ci si potrebbero fare cento scuole.
È indubbio che il movimento per la pace è oggi travolto dalle voci belliciste, ma in passato ha ottenuto dei successi straordinari: in sintesi, ha respinto l’enorme bugia della guerra umanitaria, della guerra come ultima scelta possibile. Per milioni di persone la guerra non è più una scelta possibile o tollerabile.
Oggi la guerra è un business innanzitutto: le spese militari mondiali crescono vertiginosamente, perché non conosce crisi la guerra, e anzi spesso viene usata dagli squali del liberismo come rimedio alle crisi che colpiscono i loro profitti. Ma è un business anche perché permette di controllare, o meglio di sottrarre in modo spregiudicato, le risorse: acqua, minerali, idrocarburi.
Nella storia ci sono stati più o meno 13 anni di guerra per ogni anno di pace. Un dato che potrebbe dare ragione alla propaganda bellicista che ci dice che la guerra è cosa innata. Ma non è l’essere umano che non può fare a meno della guerra, bensì il potere.
L’essere umano è animale sociale. E una delle cose che lo distinguono dagli altri animali è quella di costruire astrazioni e teorizzare. Tutti gli animali tendono a ritualizzare i conflitti. Noi in più potremmo addirittura costruire dei modelli teorici o astratti per evitare l’uso dello “strumento guerra”.
No, la guerra non è una cosa innata nell’uomo, nel modo più assoluto. Lo è la violenza, forse, ma non la guerra. La guerra è una scelta. Una scelta mostruosa. E l’ineluttabilità della guerra è una falsificazione costruita dal potere per preservare sé stesso.
Essere per la pace è semplicemente rendersi conto di tutto questo e del machismo che dietro tutto questo si cela. Il potere, la forza bruta, il profitto a ogni costo e senza limiti sono espressioni di una cultura maschile, e fors’anche per questo chi prova a criticare il nostro sistema e a proporre alternative praticabili provoca reazioni spesso scomposte, soprattutto nei maschi di potere.
No, non c’è nessun legame e nessuna vicinanza tra chi si è reso conto che la guerra è uno strumento obsoleto, terribile e dannoso nelle mani di chi cerca di far sopravvivere un sistema, il capitalismo, altrettanto obsoleto, terribile e dannoso e chi fa da spalla a questo sistema berciando dai balconi proclami populisti ma del tutto inoffensivi per il nostro “imperialismo liberale”.
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