Ormai è pronta la controffensiva di terra israeliana. Si annuncia un’operazione durissima, ma bisogna sempre tenere presente che nella strategia militare non pagano logiche dimostrative o punitive fini a sé stesse
Man mano che passano le ore si delinea il quadro del nuovo conflitto fra Israele e Gaza. Come limpidamente mostrato in una live sul Canale YouTube Parabellum dello storico di strategia militare Mirko Campochiari, il primo dato che salta all’occhio è che con questo attacco Hamas ha mostrato un’inedita capacità di azione, coordinando milizie su diversi fronti con i rudimentali mezzi che avevano a disposizione. Con la tattica emerge anche la strategia.
Dando per scontato che non potesse non prevedere la reazione israeliana, ci si chiede se non fosse questo l’obiettivo fin dal principio. Gli scontri in Cisgiordania, dove la popolazione è stata ulteriormente messa sotto pressione dall’aggressività (quando non brutale ferocia, come nel pogrom di Huwara) dei coloni stimolata dell’attuale governo, sembrano delineare un conflitto egemonico interno al mondo palestinese, con Hamas che si candida a rappresentare tutti i territori palestinesi, magari imponendosi nella trattativa per gli Accordi di Abramo.
Il limite
Ora, era assolutamente inutile sperare in altro, la logica è di guerra. E anche dura. Gli atti commessi da Hamas sono troppo gravi, li scopriamo ulteriormente man mano che arrivano immagini dei kibbutzim assediati. Stando in questa cornice, però, ci si chiede quale sia la reazione militarmente e politicamente più saggia per Israele.
In primis perché bisogna essere consapevoli che c’è un limite anche alla reazione, per quanto vile ed efferato sia l’attacco subito. A maggior ragione per Israele, sottoposto per ragioni ideologiche ad una pressione propagandistica con pochi eguali.
Sentire di assedi che tolgono acqua e l’elettricità spegnendo anche ogni residua capacità ospedaliera fa accapponare la pelle. Sappiamo che è una mossa inscritta in un attacco di terra. Si spera, però, che si calcolino i minuti di questi interventi estremi.
La strategia di Hamas
Nella logica militare non esiste l’idea di punizione, tutto, ogni passo, dev’essere finalizzato ad un obiettivo specifico. Seconda considerazione di opportunità strategica: l’intervento di terra, per carità non un inedito, si prefigura come un massacro per entrambe le parti.
Hamas cercherà di avvantaggiarsene agli occhi dei palestinesi. E non oso pensare come userà i civili per perseguire i suoi obiettivi. Tutto da vedere se la sua stessa strategia non le si rivolterà contro, finendo per metterla sotto accusa per la reazione procurata.
Personalmente non condivido l’immagine di un Hamas forte. Dal 2006 governa la Striscia con una logica mafiosa e leggi che definire repressive è un eufemismo. Tanto è lo scontento prodotto che da anni subisce la concorrenza della Jihad islamica (spiace utilizzare un nobile termine con jihad per appellare queste bande di assassini).
Da questa prospettiva, l’aggressione del 7 ottobre sembra un disperato atto di acquistare visibilità e di chiamare a raccolta il mondo musulmano. Ad oggi, se si guarda la reazione dei governi sunniti e sciiti non pare che ciò sia avvenuto.
Salvare Lot
Non resta che puntare tutto sulle (proprie) vittime civili per propagandare agli occhi delle opinioni pubbliche, anche occidentali, l’immagine di un Israele crudele massacratore.
Ma anche questo sta avvenendo in modo scomposto: fra atroci video di bambini israeliani indicati come scudi umani e appelli indecenti alla propria popolazione di non evacuare le zone che verranno colpite.
Ragione in più perché Israele non offra elementi per rafforzare il consenso a questo gruppo di spietati predoni, magari considerando la possibilità di corridoi umanitari per far uscire civili e, come sempre, tentare di ridurre le perdite civili. Cosa davvero al limite dell’impossibilità in un territorio a densità umana come Gaza.
Non ci consola la presenza di Netanyahu, che si porterà nella tomba responsabilità storiche che vanno assai al di là dell’ultimo anno di governo. Ma, ad un paese che, nella propria Dichiarazione d’indipendenza cita la Torah come testo ispiratore, sempre devono suonare alle orecchie le parole abramitiche: «[…] Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? […] Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sodoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutta la città».
Come noto, il Signore colpirà Sodoma, ma salverà Lot, l’unico (almeno in parte) giusto riconosciuto. Si tratta ora di declinare questi versi in una strategia militare, a partire dal definire un obiettivo che ancora appare nebuloso.
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