L’idea di voler riportare il nucleare in Italia è un’illusione. Riavvolgiamo il nastro al 2009: Berlusconi e Sarkozy firmano un “memorandum of understanding” con l’impegno italiano di installare quattro reattori di nuova generazione (III+), gli Epr.

A quell’epoca, l’azienda francese Edf aveva aperto il primo cantiere in Francia a Flamanville a fine 2007 e l’azienda proprietaria della tecnologia, la francese Areva, ne stava costruendo uno a Olkiluoto in Finlandia.

Ritardi e costi esorbitanti

Entrambi i cantieri con numerosi problemi e ritardi nella costruzione. Quello di Flamanville – rimasto l’unico in Francia – dovrebbe forse entrare in esercizio commerciale tra pochi mesi e non, come previsto, circa 13 anni fa. Il suo costo è lievitato dai 3,3 miliardi di euro previsti inizialmente ai circa 20 stimati oggi. Tutto denaro pubblico.

Per quello in Finlandia sull’attribuzione delle ingenti perdite economiche c’è stata una causa legale tra l’azienda finlandese Tvo e Areva. Che nel 2015 è fallita per le perdite associate a quel progetto, poi coperte dal governo francese. Di recente l’impianto ha ridotto la produzione per le condizioni di mercato, con prezzi in ribasso, grazie anche al boom dell’eolico.

Persino peggio va nel cantiere dei due Epr che Edf sta costruendo nel Regno Unito a Hinkley Point. L’investimento iniziale era fissato a cifre più realistiche a 24,7 miliardi, le stime attuali del costo superano i 46 miliardi di euro, vedremo i costi alla fine.

Il progetto del reattore Epr, originariamente franco-tedesco, era stato lanciato nel lontano 1991. Si tratta del reattore di maggior potenza mai costruito (1630 Megawatt netti) in una storia del nucleare che, per cercare di ridurre i costi, è andata aumentando le potenze dei reattori sperando in economie di scala. Cosa che non ha funzionato.

Dunque, quando nel referendum del 2011 il 94 per cento dei votanti in Italia bocciò il “rilancio del nucleare” fece una scelta assai saggia. Avremmo dovuto costruire fino a quattro Epr, la Francia ancora oggi non ne ha nessuno in funzione e quello che entrerà è stato un clamoroso fallimento economico. Tanto che l’azienda Edf non ne costruirà più ma ha riprogettato il reattore semplificandolo nel tentativo di ridurre i costi, l’Epr2. La procedura di autorizzazione di sicurezza nucleare è in corso.

La tecnologia nucleare nei Paesi occidentali è in stallo e non da oggi. Né la Francia né gli Stati Uniti, che hanno avuto una analoga vicenda col reattore Ap1000, con costi esorbitanti che hanno portato al fallimento l’azienda proprietaria Toshiba-Westinghouse, riescono a costruire la nuova generazione di reattori. E, dunque, puntano sull’estensione della licenza di esercizio dei vecchi reattori che, progettati per funzionare in genere 30-40 anni, vengono autorizzati fino a 60 anni. La quota di elettricità da nucleare nel mondo è scesa dal 17,5 per cento della metà degli anni ’90 a poco più del 9 per cento oggi.

La storiella dei piccoli reattori

Il revival dei “piccoli reattori modulari” (Smr) è legato a questa difficoltà industriale. Si tratta di un’idea emersa circa trent’anni fa, ma mai realizzata: non esiste ad oggi un Smr funzionante allo stadio di prototipo in nessun Paese occidentale.

Come abbiamo già scritto in queste pagine, la startup americana NuScale che dal 2007 è impegnata allo sviluppo di un Smr basato su tecnologia convenzionale ha scoperto un anno fa circa che già sulla carta i costi erano esorbitanti. Ha abbandonato il progetto di costruzione nello stato dell’Utah e ha ricevuto una class action dagli investitori per false comunicazioni sociali sul progetto. La stessa Edf ha annunciato l’abbandono del suo progetto di Smr, NuWard, basato su tecnologie oggi irrealizzabili, per concentrarsi su tecnologie convenzionali. Cioè le stesse che invano ha cercato di sviluppare l’americana NuScale.

Un Paese come l’Italia che non ha ancora trovato una gestione a lungo termine dei rifiuti nucleari si ripropone di rilanciare una tecnologia bocciata dagli elettori e dal mercato e con una fantasia su tecnologie inesistenti come gli Smr. Ed è interessante che ci sia una campagna in cui un esponente di Azione, il professor Zollino, già presidente della Sogin, la società che gestisce il decommissioning dei vecchi impianti e i rifiuti nucleari, che dice che il problema delle scorie non esiste.

Burocrazia infinita, campagne anti-rinnovabili e questa illusione nucleare: una grande ammuina per proteggere il mercato del gas fossile.

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