- In altre guerre, eravamo abituati alle navette del segretario generale dell’Onu ma ora il Palazzo di Vetro è poco ascoltato.
- L’Assemblea generale è divenuta terreno di scontro e non spazio di mediazione. L’Onu dovrebbe invece essere preservata come ambito di mediazione e dialogo.
- L’Onu reagisca mettendo le parti davanti alle loro responsabilità. Vanno considerate anche le ripercussioni riguardanti il prolungamento della guerra: non coinvolgono soltanto Russia, Ucraina o Europa ma tutto il mondo.
Colpisce nella guerra ucraina l’impotenza dell’Onu. In altri conflitti avevamo visto i segretari delle Nazioni unite sbattersi in estenuanti navette, spesso senza risultato ma segnando una presenza. Se ora questo non avviene non è a causa della mancanza di volontà del palazzo di Vetro.
Le potenze coinvolte non desiderano essere intralciate nella loro strategia politico-militare: la guerra durerà finché vorranno, in primis la Russia di Putin che l’ha scatenata. A New York il consiglio di sicurezza è bloccato dai veti incrociati: è lo scotto da pagare se si vuole mantenere l’organizzazione in vita.
È bene rammentare che la Società delle Nazioni fallì perché non aveva tale sistema di garanzia per le potenze. Il risultato era che i paesi additati sbattevano la porta e se ne andavano. Ma la novità inaspettata è che l’assemblea generale viene utilizzata in queste settimane come terreno di scontro, fino alla recente votazione che esclude la Russia dal Consiglio dei diritti umani di Ginevra.
L’Onu come strumento di contrapposizione
Se tale decisione ha una sua logica a causa delle atrocità documentate, colpisce che l’assemblea diventi il prolungamento dello scontro politico-militare, non risparmiando l’Onu dalle violente polemiche che stanno contagiando la comunità internazionale. In altre parole le parti non utilizzano le Nazioni unite come ammortizzatore ma come strumento di contrapposizione.
L’Onu dovrebbe invece essere preservata come ambito di mediazione e dialogo. Mancano potenze disposte a sporcarsi le mani con la conciliazione, salvo per ora la Turchia. La maggioranza degli stati si schiera condannando Mosca, mentre una minoranza preferisce non essere implicata e si astiene. Interessante la posizione della Cina: formalmente vicina a Mosca ma di fatto irritata per gli effetti della guerra, continua a ripetere inascoltata che l’Onu «non deve essere politicizzata».
L’ultima votazione è stata definita un errore da parte del rappresentante di Pechino, perché «aggrava le divisioni tra gli stati membri, aggiunge benzina al fuoco e non aiuta i colloqui di pace».
Per andare oltre occorrerebbe da parte della Cina un impegno politico di ben altra intensità che, come tutti sanno, non vuole intraprendere. Davanti alla guerra ucraina sarebbe necessaria una visione d'insieme sia dei rischi che delle conseguenze durevoli.
In attesa di tornare a svolgere il suo ruolo mediativo, oggi il dovere dell’Onu è di indicare con urgenza alle parti gli effetti nefasti della guerra, soprattutto se gli scontri armati dovessero proseguire. Ci sono le ragioni per la difesa ucraina di fronte all’invasione russa.
Vanno considerate anche le ripercussioni riguardanti il prolungamento della guerra: non coinvolgono soltanto Russia, Ucraina o Europa ma tutto il mondo. L’Onu deve essere molto chiara con le parti: la contesa in Ucraina rischia di trascinare il pianeta nel caos sociale ed economico e questa è una loro inderogabile responsabilità.
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