- Un recente documento di Fai, Wwf Italia e Legambiente suggerisce che i paesaggi si possano ricreare continuamente, come le energie rinnovabili.
- Ma certi paesaggi che uniscono natura e cultura sono irripetibili e proprio in questo sta il loro valore estetico e storico.
- E gli impianti eolici e solari hanno un impatto sulla biodiversità, soprattutto su certe specie animali, che non si può trascurare e serve a stabilire sino a che punto le energie alternative siano utili, a confronto con la diminuzione dei consumi
Il 9 dicembre il Fondo per l’ambiente italiano, Wwf Italia e Legambiente hanno presentato un documento intitolato “Paesaggi rinnovabili”. L’intenzione è proporre strategie migliori per conciliare gli impianti eolici e solari con la protezione del paesaggio.
Nel documento ci sono tre tipologie principali di proposte. Innanzitutto, interventi per aumentare la partecipazione dei cittadini nelle decisioni (per esempio tramite lo strumento del Dibattito pubblico, generalmente usato per sottoporre alla cittadinanza progetti di grandi opere di interesse nazionale e ampio impatto).
Si dà poi un grande ruolo alla pianificazione delle installazioni e alla progettazione paesaggistica, con riferimento al Piano Paesaggistico Regionale, a un nuovo piano nazionale per le aree idonee, a una Cabina di regia interministeriale e a varie altre strategie di pianificazione. Si insiste infine sulla necessità di coinvolgere esperti di paesaggio e di rinnovare e ripotenziare gli impianti già esistenti.
Alcuni paesaggi insostituibili
Si tratta di proposte condivisibili, talvolta anche ovvie. Più problematiche sono le assunzioni generali del documento. Il testo si apre con due affermazioni suggestive: il paesaggio è un bene comune rinnovabile ed è necessariamente e da sempre modificato dagli esseri umani. Le due affermazioni sembrano implicitamente collegate: il paesaggio è un bene comune rinnovabile perché è sempre e necessariamente modificato dagli esseri umani. Si tratta di tesi suggestive, come detto, ma forse non del tutto chiare, né inoppugnabili.
Anche assumendo che il paesaggio sia sempre modificato dagli esseri umani (cosa che ormai è una posizione assodata nell’etica e nella filosofia dell’ambiente), non si capisce perché da questa premessa dovrebbero discendere le conclusioni difese nel documento. Anche un paesaggio culturale o storico, non puramente naturale, che conserva in sé le tracce dell’opera umana, può avere un valore che va conservato, un valore che può venire irrimediabilmente corrotto dagli impianti eolici e solari.
Che i paesaggi non siano puramente naturali, come pensavano gli ambientalisti più estremi nel passato, non vuol dire che siano completamente sostituibili, cioè che si possano modificare a piacimento e in tutte le loro parti, senza perdere di valore. Invece, l’idea di paesaggi rinnovabili, almeno se non è solo uno slogan, fa pensare proprio a questo, cioè a paesaggi completamente fungibili, che si possono rinnovare completamente.
Ma una cosa è inventare nuovi paesaggi, magari anch’essi dotati di valore estetico, etico o esistenziale, altra è conservare i paesaggi dotati di valore che già esistono. Si può anche ammettere che, in certi contesti, gli impianti eolici e solari siano poco invasivi, oppure che si concilino in maniera armonica con il paesaggio esistente, o addirittura che costituiscano nuove forme di paesaggio con un loro valore.
Le pale eoliche e i pannelli possono avere un loro fascino, certamente, e ci possono essere aree in cui il loro impatto è minimo. Ciò non toglie (cosa peraltro riconosciuta nelle parti più dettagliate del documento) che in certi altri casi specchi riflettenti o grossi piloni possano stravolgere e rovinare conglomerati di natura e cultura che hanno un valore estetico e un significato storico molto rilevante.
La biodiversità e gli habitat
Infine, il documento tace su due questioni che dovrebbero essere ovvie quando si parla di questo tipo di impianti, cioè l’impatto sulla biodiversità e la prospettiva più generale entro la quale la transizione alle energie alternative dovrebbe inquadrarsi. Gli impianti eolici e solari possono disturbare la vita di molte specie viventi rovinando i loro habitat – questo accade, per esempio, nel caso delle pale eoliche e degli uccelli migratori.
In questo caso, ciò che è in ballo non è il paesaggio, ma l’habitat appunto, e la sua funzione essenziale per la conservazione della biodiversità. E questo si collega a una questione ancora più generale. In documenti del genere, le energie rinnovabili diventano spesso un fine in sé.
Ma esse sono un mezzo, uno strumento per evitare i danni del cambiamento climatico. E questi danni riguardano non solo il paesaggio, ma anche la sopravvivenza di molte specie.
Quindi, ogni considerazione sull’utilità delle energie alternative deve tenere conto non solo dei guadagni rispetto all’uso delle energie tradizionali, ma anche delle perdite rispetto ad alternative ancora più drastiche – come la semplice riduzione dei consumi di energia. Impianti che producono ora gli stessi danni sugli ecosistemi e gli esseri viventi che le energie che rendono possibili dovrebbero scongiurare nel futuro sono esempi di calcoli sbagliati e di confusione fra mezzi e fini.
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