- Doveva essere una assemblea abbastanza tranquilla quella dei 120 vescovi francesi.
- È stata travolta da una seconda onda d’urto dopo quella dell’anno scorso quando fu presentato il Rapporto della commissione abusi (Ciase), presieduta da Jean-Marc Sauvé.
- Allora scoppiò il numero presunto delle vittime (216.000; fra il 1950 e il 2020), ora è esplosa la notizia di 11 vescovi coinvolti.
Doveva essere una assemblea abbastanza tranquilla quella dei 120 vescovi francesi (Lourdes 3-8 novembre). E’ stata travolta da una seconda onda d’urto dopo quella dell’anno scorso quando fu presentato il Rapporto della commissione abusi (Ciase), presieduta da Jean-Marc Sauvé.
Allora scoppiò il numero presunto delle vittime (216.000; fra il 1950 e il 2020), ora è esplosa la notizia di 11 vescovi coinvolti, con la presenza fra questi di monsignor Michel Santier e, soprattutto, del cardinale Jean-Pierre Ricard.
Il clamore mediale – sei casi erano già noti, con fattispecie molto diverse - per alcuni nasconde nella nube informativa «che la Chiesa, pur costretta e forzata, sia per ora la sola istituzione che si è assunta la propria responsabilità sistemica sugli abusi sessuali…
Nessun altra istituzione ha ancora trattato la questione delle aggressioni sessuali da parte dei suoi “permanenti” come avrebbe dovuto fare», dice Paul Airiau, della commissione Ciase, a La Croix, 14 novembre.
Per altri la questione abusi non ha esaurito la sua forza distruttiva e la sua interlocuzione radicale ed essa si propone come un «segno dei tempi» che la Chiesa deve ancora decifrare fino in fondo.
Anche il prossimo sinodo universale non potrà posporla alle «vere questioni» pastorali, ignorando le riforme strutturali sul versante del clero, della governance e del diritto canonico che essa richiede.
Dal Rapporto Sauvé ad oggi
Nonostante lo scoramento provocato dalla pubblicazione delle informazioni sui vescovi inquisiti, la Chiesa francese ha operato con grande energia sul tema abusi in quest’anno.
Il rapporto Ciase parlava di 216.000 vittime presunte, di circa 3.000 preti coinvolti (su 150.000 attivi nel periodo considerato) all’interno di una drammatica realtà che interesserebbe in Francia 5.500.000 vittime di violenze sessuali.
Gli orientamenti di lavoro del corposo studio (586 pagine e 2.000 pagine di annessi) sono state: il rapporto diretto per telefono o audizione con le vittime, il pieno accesso a tutti gli archivi (civili, diocesani, religiosi, associativi), decine di assemblee locali, una indagine sociologica su circa 30.000 persone. Per un costo complessivo di 3.5 milioni di euro.
Secondo la testimonianza dei 22 commissari i mutamenti più rilevanti rilevati durante l’indagine sono stati: la crescente consapevolezza della forma sistemica degli abusi nella Chiesa, il passaggio da una indagine sui fatti al riconoscimento delle vittime e al loro ruolo di testimoni, l’urgenza di transitare da una giustizia retributiva (che ha al suo centro l’imputato) a una giustizia riparativa (che privilegia l’ottica della vittima e il suo percorso).
I vescovi chiesero al papa un gruppo di visitatori per valutare diocesi per diocesi le prassi e i risultati della protezione dei minori e avviarono nove gruppi di lavoro, presieduti da laici e laiche, per rispondere alle 45 raccomandazioni della Ciase.
Essi riguardavano e riguardano: - la condivisione delle buone pratiche rispetto ai casi segnalati; - il tema della confessione e dell’accompagnamento spirituale; - la cura dei preti sotto esame; - il discernimento vocazionale e la formazione del clero; - l’accompagnamento ai vescovi nella questione abusi; - il coinvolgimento dei laici nei lavori della conferenza episcopale; - l’analisi delle cause delle violenze sessuali nella Chiesa; - gli strumenti di vigilanza e controllo delle associazioni di fedeli con vita comune.
Il fatto e il da farsi
Che cosa è successo in seguito? C’è una parte di questioni che richiedono tempi lunghi e studi accurati. Per esempio, quelle sui temi teologici e canonici.
È il caso della teologia del ministero e del prete, la domanda relativa al segreto confessionale (è possibile toglierlo quando il confessore avesse la certezza morale di un imminente pericolo per altre vittime?), il riferimento degli atti di violenza immorali dal piano del sesto comandamento (atti impuri) al quinto (non uccidere), la formazione nei seminari, i cambiamenti auspicati nel diritto canonico e in testi di riferimento come il Catechismo della Chiesa cattolica.
Dovrebbe tuttavia arrivare in tempi brevi l’esito di uno studio sulla teologia di due teologi la cui dottrina si è prestata a giustificazioni intollerabili: Thomas e Marie-Dominique Philippe.
C’è una seconda parte di decisioni più immediate che sono state onorate. Il contatto diretto delle diocesi con le procure, suggerito dalla raccomandazione n. 29, è stato avviato da 17 Chiese locali.
Ad esempio, Versailles, Reims, Martinica, Bayonne, Rochelle, Pamiers, Coutance, Créteil ecc. Il protocollo facilita la trasmissione alla procura delle segnalazioni di abusi a seguito di una denuncia.
Si è avviata del primo aprile l’attività di un unico tribunale ecclesiastico nazionale per questi casi.
La raccomandazione n. 40 parlava di un tribunale penale inter-diocesano e quella precedente (n. 39) suggeriva di creare una raccolta anonima delle sentenze per facilitare i lavori dei giudici diocesani.
È partita l’attività di tutti i nove gruppi previsti sotto la presidenza di Hervé Balladour con la previsione di una prima valutazione della loro azione nella primavera del 2023. Sono state avviate o rafforzate alcune strutture centrali come un gruppo nazionale di ascolto e un corrispettivo servizio nazionale.
Gli indennizzi
Prima i religiosi e poi le diocesi hanno dato via libera alle Commissioni di riconoscimento e riparazione che si preoccupano dell’indennizzo finanziario alle vittime.
Il fondo nazionale è, per ora, dell’ordine di 20 milioni ed è affidato a competenze laiche. In un contesto di contatto diretto e personalizzato l’indennizzo va da 5.000 a 60.000 euro sulla base di valutazioni che prendono in conto la natura degli atti, la loro durata e frequenza e una considerazione sulle conseguenze.
Sono stati risolti alcune decine di casi e sono in esecuzione circa 150 indennizzi, mentre le domande sono oltre 700.
Mancano ancora alcuni adempimenti come un luogo memoriale in onore delle vittime previsto a Lourdes, la verifica sistematica sul casellario giudiziario della posizione di tutti gli agenti pastorali, un documento di riconoscimento canonico dei preti (celebret) a carattere nazionale e non più solo diocesano, una audizione “terza” sul funzionamento delle “cellule di ascolto” in attività nelle diocesi e un coinvolgimento diretto della Conferenza dei vescovi nell’azione educativa dei seminari.
Volontà di rinnovamento
Il clima ecclesiale ha conosciuto nell’anno molte ombre e qualche ferita: il suicidio di un prete a Versailles, una dozzina di interventi di controllo e di censura canonica su fondazioni religiose recenti, alcune accuse di abusi verso preti a Blois, Nizza e Parigi, una visita apostolica al seminario di San Martino (uno dei più “produttivi” del paese).
Pochi degli eventi riguardano gli abusi. Alcuni sono di routine. Altri hanno interessato direttamente i vescovi: le dimissioni per ragioni di opportunità dell’arcivescovo di Parigi, Michel Aupetit, una visita apostolica alla diocesi di Fréjus-Toulon (mons. Dominique Rey), la dimissione di un giovane vescovo nominato, ma non ancora ordinato, Ivan Brient.
E poi la già ricordata ammissione degli 11 vescovi sotto processo canonico o civile (è apparso anche il nome dell’emerito di Strasburgo, Jean-Pierre Grallet).
Mentre si registra una crescita lenta di consapevolezza nelle comunità parrocchiali e di base sul problema abusi (funziona ancora la negazione o la richiesta di “passare ad altro”) il personale ecclesiale e i laici più avveduti si sentono messi di nuovo in discussione.
Gli sforzi prodotti non sembrano mai sufficienti. Una condizione ferita anche se non manca – come ha detto nella relazione finale all’assemblea delle Conferenza episcopale il presidente, mons. Eric de Moulin-Beaufort – la volontà di «avanzare in un cammino migliore e di riconquistare passo passo la fiducia consunta o perduta».
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