- Il crollo di Matteo Renzi ormai è cronaca celebre. Otto anni dopo il 40 per cento raggiunto alle elezioni europee del 2014 con il Pd, oggi lotta per superare il 2 per cento con Italia Viva. Giuseppe Conte rischia la stessa sorte.
- La strategia nei confronti del governo di Draghi è quella di non opporsi del tutto, non avendo il coraggio di lasciare le poltrone, ma di condividere il fronte del “punzecchiare” con la Lega e Forza Italia.
- I 5 Stelle ogni settimana infilzano un ago diverso, convinti di arrampicarsi così verso le vette del consenso, mentre invece franano nei sondaggi.
Otto anni dopo il 40 per cento raggiunto alle elezioni europee del 2014 con il Pd, Matteo Renzi lotta per superare il 2 per cento con Italia Viva. Giuseppe Conte rischia la stessa sorte. Adesso che comincia il suo Giro d’Italia per le prossime amministrative, toccherà con mano le difficoltà del suo partito. A cominciare da Sicilia e Sardegna, dove il Movimento si sta liquefacendo sotto il caldo insulare. Alle politiche del 2018, i pentastellati avevano raggiunto il 42 per cento. Oggi chiudono i Meet Up perché non ci va più nessuno. La strategia nei confronti del governo di Draghi è quella di non opporsi del tutto, non avendo il coraggio di lasciare le poltrone, ma di “punzecchiare” con la Lega e Forza Italia. Ogni settimana infilzano un ago diverso, convinti di arrampicarsi verso le vette del consenso, mentre franano nei sondaggi. Tutti e tre i partiti si scontrano con i propri ministri, più draghiani di Draghi. Mariastella Gelmini è ai ferri corti con Silvio Berlusconi, Giancarlo Giorgetti è sempre il numero due poco ortodosso della Lega.
Alleanze in bilico
Ma chi è davvero in rottura con il proprio leader è l’ex capo politico dei Cinque stelle, Luigi Di Maio. Il Movimento ora rischia di mandare all’aria anche l’alleanza col Pd. I tempi potrebbero essere maturi per un cambio di leadership. Di Maio guida il ministero degli Esteri in piena sintonia con Draghi. L’Europa è centrale nei piani di Di Maio, ma non si può dire lo stesso per Conte. L’ex premier, pur di non votare un’esponente vicina a Di Maio, Simona Nocerino, ha preferito perdere la presidenza della commissione Esteri del Senato, che ora è guidata da Stefania Craxi. Il centrodestra ringrazia.
Dopo le amministrative
La batosta già certa delle comunali del 12 giugno sarà un’occasione per il ministro degli Esteri di tornare alla guida, oppure di proporre un esponente popolare come Roberto Fico. Di certo, chi non è contento di Conte non lo vuole alla guida del Movimento nel giorno delle prossime elezioni politiche. Si vocifera che l’ex premier voglia cambiare i connotati del partito, a cominciare dal nome e dal simbolo. L’idea peggiore che possa avere. Avrebbe come risultato quello di annientare quel poco di popolarità che rimane al Movimento. Come le stelle del cinema che si danno alla chirurgia plastica per poi risultare un po’ più finte e un po’ più brutte, anche il partito di Conte non uscirebbe tanto bene da questo lifting. Beppe Grillo, l’ex Davide Casaleggio, Fico, Di Maio: tutti ostili a Conte, ormai uno straniero all’interno del Movimento. Soprattutto gli ultimi due non ne possono più. La mia facile profezia è che nel 2023 ci sarà qualcun altro a guidare i 5 Stelle. Chi conosce e segue il Movimento fin dalla sua nascita, sa bene quanto sia critica la responsabilità di questo momento.
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