- Il Pakistan è un paese con cui l’Italia ha diverse forme di collaborazione. Offrire mezzo milione di euro per l’immane catastrofe delle inondazioni è una miseria.
- L’Italia ha un’ottima organizzazione di protezione civile: sarebbe l’occasione per offrirla al Pakistan assieme ad aiuti sanitari e logistici.
- Le forze politiche sono distratte dalle elezioni ma sarebbe bene dare un segnale di attenzione.
Il Pakistan non ha buona stampa in occidente. Potenza nucleare, estremismo religioso e terrorismo islamico, sistema politico non democratico, economia traballante, polemiche sulle leggi contro la blasfemia, problemi con le minoranze, diversità di vedute sull’Afghanistan: tanti elementi da far pensare all’opinione pubblica che si tratti di uno Stato lontano dal nostro universo.
Eppure non è così: il Pakistan è un amico dell’occidente e dell’Italia, geopoliticamente forse l’alleato asiatico più vicino a noi assieme al Giappone. La sua élite è molto occidentalizzata e anche i suoi interessi nazionali sono legati ai nostri in molteplici modi.
Prova ne sia che l’Italia ha ottime relazioni politico-diplomatiche con Islamabad, abbiamo le stesse posizioni all’Onu (anche sulla riforma del Consiglio di sicurezza) e le nostre imprese ricevono varie commesse.
Per questo colpisce che davanti alle terribili inondazioni l’Italia stia facendo ancora così poco per un paese che ci ha anche aiutato durante la pandemia.
Fino ad oggi l’Italia ha promesso solo 500mila euro: una miseria se si confrontano con i 53 milioni di dollari degli americani, i 15 milioni di sterline del Regno Unito, i sei milioni di euro della Germania e così via. Anche Paesi Bassi e Danimarca fanno più di noi.
Forse non è abbastanza chiara la dimensione della catastrofe che ha travolto il paese: quasi 30 milioni di persone colpite dalle inondazioni che hanno sommerso un quinto del paese, il nord del Sind, l’ovest del Punjab e quasi tutto il Baloschistan.
Nelle zone inondate manca tutto: strade e infrastrutture sono andate distrutte, campi sommersi, si calcolano quasi un milione di capi di bestiame uccisi. La gente non ha cibo né acqua potabile.
Si tratta della peggior catastrofe naturale della storia del paese che non riguarda solo il Pakistan: è l’ennesimo allarme sulle tragiche conseguenze del riscaldamento globale e sui suoi brutali effetti. Dopo un’estate davvero arroventata, monsoni sette volte più potenti del solito hanno distrutto due milioni di case.
L’Italia ha un’ottima organizzazione di protezione civile: sarebbe l’occasione per offrirla al Pakistan assieme ad aiuti sanitari e logistici.
Sarebbe urgente preparare piani a lungo termine. Anche se quelle attuali superano ogni immaginazione, abbiamo una certa consuetudine con le inondazioni, l’erosione del terreno, la tracimazione di fiumi, le esondazioni e le frane.
Una maggior solidarietà sarebbe necessaria anche per dimostrare sensibilità di fronte ad eventi violenti che si ripeteranno ovunque. Ciò che avviene oggi in Pakistan potrà avvenire anche in Europa.
Per la politica e i partiti le elezioni del 25 settembre sono certamente una vicenda importante ma lo è altrettanto mostrare solidarietà per le disgrazie altrui, soprattutto se si tratta di paesi con cui abbiamo una storia comune di cooperazione.
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