- La combinazione di una serie di fattori ripropone l’opportunità di un investimento politico forte per introdurre un sistema elettorale proporzionale con soglia al 5 per cento.
- Ma il Pd è ancora prigioniero di una cultura politica originaria attaccata alla democrazia maggioritaria .
- Eppure, lo sviluppo con minori disuguaglianze, più diffuso nel centro-nord Europa, è molto legato a un sistema proporzionale.
La combinazione di una serie di fattori ripropone l’opportunità di un investimento politico forte per introdurre un sistema elettorale proporzionale con soglia al 5 per cento.
Anzitutto sono cresciute le difficoltà per il Pd di costruire una coalizione elettorale per via partitica.
Infatti, oltre al persistente rifiuto di alcune piccole formazioni centriste di far parte di un’alleanza insieme al M5s, la scissione che ha colpito questo partito, e i suoi incerti sviluppi nei rapporti con il governo, ha reso ancor più problematico l’obiettivo del "campo largo”.
Allo stesso tempo le elezioni comunali hanno fatto chiaramente vedere come ci sia uno spazio elettorale significativo per il Pd se si sfrutta il suo maggiore radicamento territoriale, costruendo coalizioni per via di alleanze sociali con le forze del lavoro, delle imprese, del terzo settore, del volontariato. E se si scelgono i candidati giusti lavorando su programmi solidi.
Non sembra però essere maturata la convinzione che questa strada sarebbe molto rafforzata dal passaggio al proporzionale. Per di più in una situazione in cui la parabola del M5s e le stesse divisioni all’interno del centro-destra potrebbero offrire una insperata finestra di opportunità.
I motivi sono diversi, ma guarderei soprattutto alla cultura politica originaria del Pd, che è attaccata alla democrazia maggioritaria (non solo come sistema elettorale, ma come rafforzamento della leadership personale sull’organizzazione partitica, anche con le primarie aperte).
Non si riflette abbastanza su come questo orientamento sia distante da quello della sinistra europea più solida. E non a caso, perché lo sviluppo con minori disuguaglianze, più diffuso nel centro-nord Europa, è molto legato a un sistema proporzionale che permette di ridurre l’indistinzione programmatica tipica di quello maggioritario.
E quindi di coltivare una specifica identità partitica per la sinistra dando più spazio alla rappresentanza dei gruppi sociali più deboli nell’azione di governo, anche attraverso la concertazione.
Allo stesso tempo consente di realizzare uno sviluppo più inclusivo perché un’incisiva redistribuzione attraverso il welfare non è ostacolata da regole elettorali maggioritarie che spingono le formazioni di centro-sinistra a guardare più al centro che a sinistra, verso i ceti medi (anche se è indispensabile attrarre una parte dei loro consensi).
I ceti medi sono infatti nel complesso più ostili a forme incisive di redistribuzione perché fanno salire la tassazione.
Lo strano connubio tra Pd e democrazia maggioritaria ha certo influito sull’esodo - più forte che in altri contesti - dei gruppi più deboli dalla sinistra verso l’astensionismo e le nuove forze populiste. Da qui la necessità di investire sul proporzionale non solo per il Pd ma per la democrazia italiana.
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