- I bombardamenti e la minaccia atomica non hanno spento negli ucraini i loro propositi di rivincita. Anche a Kiev sanno che certe “linee rosse” non vanno superate, ma proprio le armi forse renderanno possibile il negoziato, se aiuteranno gli ucraini a riequilibrare la situazione sul campo di battaglia.
- Se foste un ucraino, se vi avessero ammazzato il fratello, seviziato la figlia e fatto macerie della vostra casa, se insomma aveste il cuore pieno di strazio e di furore, forse non sareste benevolo verso chi adesso pretende, in nome della pace, che Kiev fermi la sua efficace controffensiva nel sudest.
- In realtà gli italiani che preparano manifestazioni per la pace in genere non sanno cosa sia una guerra e non capiscono le dinamiche di quella in corso.
Se foste un ucraino, se vi avessero ammazzato il fratello, seviziato la figlia e fatto macerie della vostra casa, se insomma aveste il cuore pieno di strazio e di furore, forse non sareste benevolo verso chi adesso pretende, in nome della pace, che Kiev fermi la sua efficace controffensiva nel sudest.
E se poi a rivolgervi l’appello al cessate il fuoco fossero gli stessi che in primavera vi chiedevano di arrendervi senza combattere, poiché Mosca vi avrebbe comunque sconfitto, non potreste sottrarvi a un sospetto: ma davvero sono così candidi questi italiani? Davvero non capiscono che se ci fermassimo adesso, proprio quando le truppe russe qua e là arretrano, Putin avrebbe vinto? I russi occupano quasi un quinto dell’Ucraina: se ci fosse un negoziato adesso si terrebbero gran parte del bottino. È questo che si vuole?
Questo sospetterebbe l’ucraino: ma sbaglierebbe. In realtà gli italiani che preparano manifestazioni per la pace in genere non sanno cosa sia una guerra e non capiscono le dinamiche di quella in corso. Alcuni non hanno curiosità in proposito perché perseguono un obiettivo tutto interno alla politica italiana, verificare il perimetro del campo pentastellato-pacifista progettato da Conte (il Conte rosso, dopo il Conte nero alleato di Salvini e il Conte rosa alleato del Pd). Altri non sono sospettabili di calcoli meschini ma anch’essi si affidano a una geopolitica mediocre che riduce il conflitto a un Risiko tra grandi potenze. Il magma di emozioni che l’aggressione russa ha prodotto nella popolazione ucraina – sofferenze, ira, sete di giustizia, comprensibile volontà di rivalsa – non avrebbe alcun peso.
Se l’occidente davvero volesse la trattativa e il cessate il fuoco, l’ottuso Zelensky obbedirebbe. Eppure si direbbe che il fattore umano abbia il suo peso anche in questo conflitto, se i bombardamenti e la minaccia russa di ricorrere all’arma atomica finora non hanno spento negli ucraini i loro ostinati propositi di rivincita. Il loro è un azzardo ma occorre farci i conti. Evidentemente a Kiev si stima che l’esercito russo sia malmesso e Putin non sia folle: l’impiego di una bomba nucleare tattica avrebbe per lui e per il suo regime un costo politico ben più pesante del discutibile profitto militare che i russi ne ricaverebbero.
Questo non implica che gli ucraini non siano consapevoli che oltre una certa “linea rossa” la loro controffensiva diventerebbe un azzardo eccessivo (così non sarebbe un caso se finora hanno evitato di colpire i russi in Crimea, e quando hanno derogato, distruggendo un ponte, si sono precipitati a disconoscere l’azione). Se questo è vero, accetteranno di negoziare solo una volta che fossero avanzati fino a quella “linea rossa”, oltre alla quale forse ci sono i territori che Mosca occupava prima della guerra in corso.
Le armi e il negoziato
È probabile che Kiev abbia concordato i suoi progetti con i principali alleati, Washington innanzitutto. Ma di sicuro nessuno tra gli informati ne racconterebbe alle opinioni pubbliche. Le regole del caos, possiamo immaginare, prevedono che se gli ucraini si spingessero troppo in là gli occidentali potrebbero punirli interrompendo i rifornimenti di armi; ma se li sospendessero troppo presto, la Nato potrebbe ritrovarsi nell’imbarazzante condizione di favorire la riconquista russa dei territori liberati. Qual è il punto di compromesso?
La complessità del conflitto è tale che risulta assai difficile soddisfare tanto le nostre inquietudini quanto la determinazione ucraina. Però è semplicemente puerile scandalizzarsi perché quelli che sono stati aggrediti e rischiano la pelle rifiutano una “pace” a ogni costo. Senza mettere in dubbio la buonafede di chi ripete la parola d’ordine del pacifismo italiano “Tacciano le armi, negoziati subito!”, val la pena di considerare che proprio le armi forse renderanno possibile il negoziato, se aiuteranno gli ucraini a riequilibrare la situazione sul campo di battaglia.
Inoltre questo: un esito finale che riconoscesse a Putin il diritto di tenersi i territori occupati non avrebbe effetti molto meno dirompenti dell’impiego di un’atomica “tattica”, perché per la prima volta negli ultimi sessant’anni legittimerebbe una guerra di conquista, con acquisizione definitiva dei territori invasi. Sarebbe lo starter di altre guerre consimili.
Dunque cosa dovrebbe fare la politica che perseguisse davvero la pace? Innanzitutto, dovrebbe sforzarsi di immaginare un cessate il fuoco coerente con una soluzione della crisi che sia più o meno accettabile a tutti e valga come modello per la soluzione di altre crisi prodotte dalle invasioni russe (in Georgia, in Moldavia). Una possibilità la potrebbe offrire un assetto semi confederale che dia qualche garanzia agli indipendentisti russofoni e allontani l’ingresso nella Nato (ma i soldati russi dovrebbero rimpatriare). Questioni assai complicate che non possono essere ridotte a slogan.
Nazionalismo russo
In secondo luogo, occorre indebolire il principale ostacolo alla pace, il nazionalismo gran-russo. Non solo Putin: un’ideologia che traversa l’intera politica russa, dai comunisti alla destra. In merito le mosse europee finora sono state di una stupidità ragguardevole. Invece di aprire le porte (e i confini) a quella Russia eroica che sfida il regime rischiando libertà, lavoro, futuro dei propri figli, si è decretato di respingere tutto ciò che è russo.
Molti atenei europei, anche italiani, hanno interrotto qualsiasi forma di collaborazione con atenei russi. Un mese dopo l’attacco all’Ucraina, il parlamento italiano, sempre irraggiungibile nelle gerarchie del peggio, ha fatto coincidere la “Giornata della memoria e del sacrificio degli alpini” con una terribile battaglia combattuta dai “nostri” durante l’invasione nazi-fascista della Russia.
Infine: come confermano i suoi ultimi discorsi, Putin vorrebbe che il mondo del futuro fosse esattamente come lo immaginano molti occidentali russofobi, the West vs the Rest, il consorzio delle democrazie (o presunte tali) contro il resto del mondo guidato da Russia e Cina. Un minimo di coscienza autocritica ci convincerebbe che nella sua rigidità questa rappresentazione è falsa.
Di sicuro aiuta tutti i nemici dello stato di diritto liberale a dimostrare che l’occidente è una congrega di razzisti mascherati, quale spesso appare, per esempio, a decine di migliaia di migranti extraeuropei, inclusi quelli cui la generosa Polonia rifiuta l’ingresso. Un’idea di noi stessi meno tronfia ci conviene. Anzi, ci è perfino indispensabile quanto ad esempio la collaborazione di Pechino nel dissuadere Putin dal ricorrere al nucleare “tattico”.
Insomma, non mancherebbero campi di applicazione per chi volesse davvero operare per la pace, senza cercare un utile politico o un piedistallo di superiorità morale. Per come vanno le cose in questo paese è più probabile che assisteremo a un’intensa produzione di patafisica, quella scienza delle soluzioni immaginarie inventata nel secolo scorso da Alfred Jarry, maestro del teatro dell’assurdo.
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