- Nella logica populista il popolo può solo rovesciare, detronizzare, cacciare i potenti dai palazzi con i forconi: quando non lo fa si sta in qualche modo rendendo complice delle forze oscure dell’élite.
- Le mastodontiche proteste in Israele ci mettono di fronte invece a un popolo che argina l’iniziativa del governo.
- Forse una nuova fiducia nel popolo è quello che serve per considerare quello che sta succedendo in Israele una prova di vitalità della democrazia, non un indizio del suo imminente collasso.
La marea umana che ha pacificamente circondato la Knesset è l’immagine rovesciata della folla inferocita che ha preso d’assalto Capitol Hill il 6 gennaio del 2021. Una ferma, almeno temporaneamente, il governo che vuole arbitrariamente comprimere il potere giudiziario, l’altra cerca di fermare i rappresentanti del popolo che certificano il risultato delle elezioni. Una organizza la propria mobilitazione da settimane in modo spontaneo, l’altra è diretta da un presidente disarcionato e in pieno delirio autoritario.
Una si candida a salvare la democrazia dagli appetiti dei governanti, l’altra a smantellarla per assecondare un leader che dalla Casa Bianca ha caricato le armi del risentimento contro l’élite. Sono due popoli diversi? Due facce dello stesso popolo? Nell’epoca segnata dalla categoria vaga ma inevitabile del populismo, il popolo è finito nel cono d’ombra del sospetto, il demos è diventato il luogo del rovesciamento delle garanzie democratiche, la folla il serbatoio per il reclutamento di troll in carne e ossa da parte di autocrati che si curavano di presentarsi come custodi dei sentimenti della gente.
Nella logica populista il popolo può solo rovesciare, detronizzare, cacciare i potenti dai palazzi con i forconi: quando non lo fa si sta in qualche modo rendendo complice delle forze oscure dell’élite, che vince sempre quando mantiene lo status quo. Le mastodontiche proteste in Israele ci mettono di fronte invece a un popolo che argina l’iniziativa del governo, opponendosi all’interpretazione di un mandato che – naturalmente – trae la sua legittimità dal voto di quello stesso popolo che da mesi è in piazza a sventolare bandiere israeliane e a declamare la dichiarazione d’indipendenza. E che dire del popolo francese che manifesta contro la riforma delle pensioni e contro gli istinti illiberali di Emmanuel Macron? È il salutare antidoto alle inclinazioni autoritarie e una riedizione dell’orda del Campidoglio, come sostiene il presidente?
Distinguere un popolo buono da un popolo cattivo a seconda delle circostanze e delle convenienze è l’anticamera della bieca partigianeria, ma la fase populista di questi anni ci ha consegnato l’immagine prevalente di un popolo manipolato, violento, che non capisce, ansioso di prestarsi ai giochi dei potenti e di credere a ogni complotto, un’immagine negativa che appare contraddetta, almeno come aspirazione, dalla folla israeliana che costringe il governo a fermarsi e, magari, a ragionare.
Forse una nuova fiducia nel popolo è quello che serve per considerare quello che sta succedendo in Israele una prova di vitalità della democrazia, non un indizio del suo imminente collasso.
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