- Mentre in Italia veniva rieletto Mattarella, i cittadini portoghesi erano chiamati alle urne per rinnovare anticipatamente la composizione del Parlamento.
- Nonostante le previsioni contrarie dei sondaggi, il Partito socialista di Antònio Costa ha rafforzato la sua rappresentanza popolare ed ha ottenuto la maggioranza assoluta dei saggi. Penalizzato il suo diretto avversario di centrodestra (PSD), che cede voti ad una destra radicale in rapida ascesa.
- I socialisti sono stati premiati dal “voto utile” a danno delle formazioni più radicali, che hanno determinato la rottura dell’alleanza fra le forze progressiste.
Le elezioni legislative portoghesi sono state convocate in anticipo di due anni rispetto alla normale scadenza del mandato, a causa dello scioglimento dell’assemblea alla fine del 2021 dopo che i due partiti della sinistra radicale avevano respinto la legge di Bilancio proposta dal governo di minoranza del socialista António Costa.
Quest’ultimo, al suo secondo mandato da primo ministro, quasi certo di una riconferma, sperava di uscire rafforzato dalla nuova consultazione elettorale.
Tuttavia, il risultato non era affatto certo, perché l’elettorato portoghese non ama le maggioranze assolute. Alla sola idea, i sondaggi avevano visto il Partito Socialista calare in maniera costante negli ultimi mesi, con un corrispondente aumento nelle intenzioni di voto verso il Partito social democratico (la principale forza di centro destra).
Sondaggi sbagliati
Qui arriva il primo punto degno di nota di queste elezioni: i sondaggi delle ultime settimane hanno fallito le loro previsioni. Il partito di António Costa non solo ha rafforzato la sua rappresentanza parlamentare, ma ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi.
José Santana Pereira dell’Iscte-Iul ha ipotizzato che i sondaggi “contrari” al Partito socialista di queste ultime settimane abbiano in qualche modo contribuito a mobilitare il “voto utile” proprio verso i socialisti.
Tale ipotesi pare convincere anche i leader dei partiti della sinistra radicale – la Cdu, storica alleanza tra Partito comunista portoghese e verdi, e il Bloco de esquerda – che hanno ottenuto risultati molto deludenti (per la Cdu addirittura il peggior risultato di sempre) e la sera stessa delle elezioni hanno individuato nell’appello al “voto utile”, e nella conseguente bipolarizzazione forzata del sistema partitico, la causa principale della propria sconfitta.
Per quanto riguarda il centro destra, invece, il Psd, uscito dalle urne più debole di quanto non facessero presagire i sondaggi. Pare aver perso consensi non tanto a favore dei socialisti quanto a favore dei partiti alla sua destra: Iniciativa liberal (che è passata da 1 a 8 deputati) e Chega, il partito di destra radicale, in parlamento solo dal 2019, che è passato da 1 a 12 seggi.
Un primo confronto fatto da Marina Costa Lobo dell’Ics-Ul con le comunali del 2021 a Lisbona fa pensare che nel grande collegio della capitale sia avvenuto proprio questo: mentre alle comunali gli elettori avevano distribuito il proprio voto tra Ps, Cdu e Bloco, alle politiche hanno scelto di votare il Ps, invece dei partiti della sinistra radicale, mentre i voti per l’avversario Psd sono rimasti pressoché gli stessi.
A sinistra, spinto probabilmente dal desiderio di stabilità in un periodo storico già piuttosto tormentato a causa della pandemia, l’elettorato ha optato per il “voto utile”, che dunque ha prevalso sia sul desiderio di mantenere alta la rappresentatività dei partiti più radicali e portatori di questioni certamente condivise dagli elettori di questo schieramento, sia sulla tradizionale ritrosia nei confronti della maggioranza assoluta.
L’astensione, nonostante i timori dovuti all’alto numero di contagi di questo periodo, è scesa dal 45 al 42 per cento, dimostrando che la partecipazione politica, in alcune occasioni, può essere più forte anche della paura della pandemia.
Le differenze
Con tutte le cautele suggerite dalla comparazione fra contesti differenti, emerge suggestiva la differenza fra due rilevanti paesi dell’Europa mediterranea chiamati negli ultimi giorni ad affrontare snodi istituzionali di grande rilievo, cioè Italia e Portogallo.
Dopo aver reciso in profondità le radici delle culture politiche fondatrici della Repubblica, il sistema politico italiano ha mostrato leader e partiti incerti, incapaci di indicare con forza un nome convincente per il Quirinale, tanto che i parlamentari hanno chiesto a Sergio Mattarella di accettare un secondo mandato e di continuare a fungere da ancoraggio sistemico.
In Portogallo, in un frangente storico delicato, un partito che “viene da lontano” (1973), il Partito socialista, ha saputo egemonizzare quasi per intero lo spazio politico progressista, calamitando il voto dai partiti minori, risultando la forza socialista o socialdemocratica europea più votata in proporzione (l’unica a poter governare contando su una maggioranza assoluta assieme a Malta) e, almeno per ora, si è confermato la principale ancora del sistema.
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