L’accordo sulla riforma della politica agricola comune (Pac), che abbiamo raggiunto ieri tra Consiglio e Parlamento europeo, riporta al centro del dibattito la questione ambientale e l’agricoltura. Per quanto le ambizioni fossero maggiori, quando abbiamo ripreso i negoziati all’inizio della legislatura, i risultati ottenuti con questo accordo politico ci rendono una nuova Pac sicuramente più attenta all’ambiente rispetto a quella attuale e alle misure del “greening” introdotte nel 2013, che in effetti fino ad ora non hanno dato i risultati sperati. Dal primo gennaio 2023 avremo quindi una spesa per l’agricoltura più attenta alle questioni ambientali, rispetto ad ora.
Se consideriamo, inoltre, da dove siamo partiti all’inizio di questi negoziati e dai testi legislativi proposti dalla Commissione europea nel 2018, il risultato deve essere maggiormente apprezzato. È chiaro, le ambizioni del Parlamento europeo non sono state tutte quante raggiunte, e i testi finali sono, come sempre, un compromesso tra una posizione, la nostra, molto ambiziosa, e un’altra, quella del Consiglio (quindi dei governi nazionali), che lo era molto meno.
E’ sempre bene ricordare inoltre lo scopo principale della PAC, che è una politica di sostegno al reddito degli agricoltori, e che ha come obiettivo primario quello di garantire la sicurezza alimentare in Europa. Non è quindi di per sé una politica ambientale, ma giustamente, come tutte le politiche dell’Ue, deve fare la sua parte nella lotta al cambiamento climatico. Questo l’abbiamo raggiunto, con un compromesso, nell’accordo politico di questo venerdì e dobbiamo esserne soddisfatti, sapendo da dove partivamo.
Se la quota del 25 per cento di pagamenti diretti da destinare agli eco-regimi sembra poco, ricordiamoci che i governi avevo proposto al tavolo solo il 20 per cento, ed è grazie al lavoro dei negoziatori del Parlamento europeo che la percentuale è stata aumentata. Non vi è stata alcune resa o concessione, ma un accordo che fosse una via di mezzo tra le richieste del Parlamento e quelle dei governi nazionali.
Sempre grazie al nostro lavoro, siamo riusciti ad inserire la cosiddetta dimensione sociale, e per la prima volta nella storia legare i pagamenti diretti della Pac anche al rispetto dei diritti dei lavoratori dipendenti e non solo a norme agricole e ambientali. Crediamo chiaramente che tutto ciò sia un passo avanti enorme, inimmaginabile fino a poco tempo fa, che è stato raggiunto grazie al lavoro del Parlamento e del nostro gruppo politico dei Socialisti e Democratici, senza il quale questa importante novità non avrebbe visto la luce nel testo del regolamento. Già all’interno del Parlamento non trovò una maggioranza schiacciante con i gruppi di centro-destra e liberali divisi: essere riusciti ad ottenerla in un negoziato con un consiglio a netta maggioranza di destra, è un risultato di cui andare molto fieri. In questo ha giocato un ruolo essenziale anche la presidenza portoghese, guidata dalla ministra socialista Maria Do Ceu Antunes, che ha portato il consiglio tutto ad accettare le nostre richieste.
La proposta del 2018 della Commissione inoltre cambiava radicalmente la struttura della Pac: piano strategici nazionali, pagamenti rimborsati sui risultati raggiunti, meno controlli sull’applicazione delle norme europee. Tutto ciò per dare ampia flessibilità agli Stati membri nell’attuazione della Pac. Il Parlamento ha da sempre trovato queste novità pericolose, perché avrebbero portato ad una vera e propria ri-nazionalizzazione della politica agricola, causando un grave danno ai nostri agricoltori in un mercato senza più una concorrenza leale, ma più che altro dando completa mano libera agli stati di scegliere e attuare liberamente le misure ambientali e agricole.
Grazie al lavoro del Parlamento questa impostazione è stata aggiustata, e la Commissione non solo avrà il potere di controllare i piani nazionali e il loro contenuto, ma sarà in grado di sanzionare gli Stati membri che non li implementeranno in conformità con le regole europee. Niente di tutto ciò era previsto nella proposta iniziale: solo il lavoro del Parlamento ha potuto aggiustare questa grave mancanza ed imporla agli Stati membri.
Credo che l’accordo di ieri raggiunga un giusto equilibrio tra le ambizioni dell’agricoltura ambientali, economiche e sociali, senza tralasciarne nessuna. È un passo nella giusta direzione, per una PAC futura più attenta all’ambiente, ai suoi lavoratori e in grado di garantire una produzione alta e di qualità.
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