Va dato merito alla stampa seria, che è la maggioranza, che non ha abboccato a quanto veniva pubblicato. Altrimenti, si sarebbe creato un grave danno. In ogni caso, quegli articoli sono circolati». Così Luigi Brugnaro, il sindaco-imprenditore di Venezia, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera in cui per l’ennesima volta sferrava un attacco al nostro giornale per le numerose inchieste pubblicate sugli affari immobiliari nella città lagunare e i conflitti di interesse che ruotano attorno alla figura del primo cittadino. Dopo l’iscrizione nel registro degli indagati deciso dalla procura, l’astio e il nervosismo di Brugnaro, che con Giovanni Toti (il governatore ai domiciliari in Liguria) aveva fondato Coraggio Italia, hanno una motivazione più chiara.

A quanto pare, stando alle indagini preliminari, Domani aveva colpito nel segno, svelando nel 2021 con un’inchiesta a puntate il groviglio affaristico che ha portato all’arresto di Renato Boraso, assessore alla Mobilità. Una storia all’italiana, nella città che aveva già vissuto lo scandalo delle tangenti sul Mose, la grande diga mobile realizzata per salvare Venezia dall’acqua alta, diventa simbolo di una nuova tangentopoli con ramificazioni fin dentro i ministeri della Capitale.

L’inchiesta di Venezia, nata da un esposto successivo agli articoli di Giovanna Faggionato su Domani (alcuni firmati anche da chi scrive), è la conferma che il giornalismo investigativo è quello slegato dalla cronaca giudiziaria. E che spesso sono proprio le procure a usare per il “la” al loro lavoro gli spunti emersi negli articoli, frutto di ricerche giornalistiche che possono durare settimane o - come nel caso del sistema di potere in laguna - anche mesi.

Alle aggressioni verbali avvenute persino nella sede istituzionale del consiglio comunale di Venezia, Domani ha sempre risposto con i fatti, fornendo prove e documenti a supporto di quanto scritto nel corso del 2021. Il giornalismo non si occupa solo di reati. Il reporter non è un giudice né un poliziotto. Il giornalista racconta la realtà e i suoi protagonisti. Dovrebbe occuparsi soprattutto di questioni che hanno a che fare con l’etica di chi riveste ruoli pubblici, con l’opportunità di certe commistioni tra interessi pubblici e privati, con la responsabilità politica che dovrebbe venire prima di qualunque ipotetica responsabilità penale. Almeno dovrebbe funzionare così in una democrazia compiuta.

Brugnaro piuttosto che rispondere nel merito alle notizie pubblicate, ha preferito accusarci di spargere «fango e falsità». E a distanza di anni ha sposato la tesi del complotto ordito ai suoi danni, accusandoci - dopo la vicenda che ha coinvolto tre giornalisti di Domani e il finanziere Pasquale Striano - di appartenere a un sorta di agenzia di dossieraggio.

Il primo cittadino ha paragonato il nostro lavoro niente di meno che a Gladio, l’organizzazione paramilitare costituita con l’obiettivo di bloccare un eventuale invasione sovietica nel paese. Solo che Gladio oltre a essere questa cosa qui si è trasformata in un’agenzia che ha usato l’eversione neofascista per terrorizzare l’Italia con le bombe, facendo stragi e centinaia di morti. L’assurdità del paragone farebbe solo sorridere, non fosse che Brugnaro è un uomo delle istituzioni, e che l’attacco è arrivato usando il più importante quotidiano nazionale.

Il sindaco, indagato «a sua tutela» ha precisato il procuratore, dovrà ora dimostrare che lui non ha beneficiato delle operazioni speculative sui terreni di proprietà del blind trust a lui riconducibile. Certo non potrà sfuggire ancora alle domande, che probabilmente gli verranno fatte dai pm. Insomma non potrà più minacciare denunce e cause civili con annesse richieste di risarcimento, come fatto con Domani: «Ho dato mandato all’avvocato perché proceda a una causa risarcimento danni per la grave campagna diffamatoria. Troppo gravi sono le falsità, le illazioni e le offese perché io possa restare inerte», aveva detto il 21 ottobre 2021 in consiglio comunale.

A distanza di quattro anni non abbiamo ricevuto alcuna notifica. Il sindaco, invece, sì: un avviso di garanzia per fatti conosciuti dai nostri lettori su queste pagine molto prima che i pm sospettassero eventuali reati

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