C’è una sola cosa più difficile che gestire l’emergenza, ed è impostare il ritorno alla normalità. Lo sanno bene i banchieri centrali: nel 2012 Mario Draghi è riuscito a vincere le resistenze di tedeschi e non solo e a spingere la Bce a fare “whatever it takes”, tutto il necessario, per salvare l’euro. 

Dieci anni e due crisi dopo la normalità non è neanche alle viste e quasi un terzo del debito italiano è stabilmente detenuto dal sistema delle banche centrali. 

Anche Sergio Mattarella si sta confrontando con il dilemma del suo “whatever it takes”: dal 2018 il presidente uscente ha fatto “tutto il necessario” per guidare la democrazia italiana attraverso sconvolgimenti non inferiori a quelli affrontati da Draghi alla Bce. 

Ha incaricato un premier senza voti nel paese e in parlamento, Carlo Cottarelli, per favorire la nascita di un governo populista, nel 2018, ma ha messo il veto su un ministro anti-euro, Paolo Savona. Poi ha guidato la trasformazione di quelle forze populiste in partiti più presentabili e (quasi) europeisti.

Nel febbraio 2021 Mattarella ha spiegato che non si poteva votare per il Covid, mentre molti altri paesi (da Israele a Olanda) votavano senza stragi, in nome della logica emergenziale ha imposto al sistema dei partiti il più autorevole dei premier possibili, cioè Mario Draghi.

 Tutte queste scelte, misurate con il senno del poi, si sono rivelate se non ottimali almeno il male minore, tanto che oggi vengono considerate prova della grande saggezza presidenziale. Di sicuro non scontate, ma risultato dell’applicazione decisa di un approccio emergenziale che è diventato lo stile di una presidenza nata con altro spirito, visto che nel 2015 Matteo Renzi era convinto di aver eletto un capo dello Stato discreto e poco  interessato a interferire con la “rottamazione” della vecchia politica (come invecchiano male certi slogan).

Gli ultimi giorni al colle

Francesco-AMMENDOLA

Oggi Mattarella sta provando a chiudere il settennato con un ritorno alla normalità e alla prassi costituzionale: applausi, saluti, congedo. Ma uscire dall’emergenza è difficile, specie se si pretende di celebrare questo ritorno alla normalità mentre Omicron contagia tutti e il governo deve imporre l’obbligo di vaccinazione.

Anche il sistema politico, lungi dall’essere evoluto nell’ultimo anno, si sta di nuovo incartando come al crepuscolo del governo Conte 2, capace di imbrigliare anche Draghi

Una volta iniziata, la fase del “whatever it takes” non finisce mai davvero. E Mattarella, che ha fatto della gestione dell’emergenza la sua cifra, si troverà presto di fronte all’ultimo dilemma: o guidare il sistema dei partiti verso l’elezione di Draghi al Colle o accettare una riconferma inconcepibile in tempi normali ma plausibile in quelli questi.

Tutte le alternative sembrano poco compatibili con la sua filosofia che tempi eccezionali richiedono soluzioni eccezionali, creative e guidate dall’alto. 

© Riproduzione riservata