Insieme alle elezioni politiche, l’elezione del presidente della Repubblica è l'atto politico più prossimo alla sovranità democratica in forma rappresentativa e centrata sul Parlamento. Il legame è forte benché indiretto, tenuto insieme dagli eletti che, vale la pena di ricordarlo, non operano mai in nome proprio ma sempre in nome dei cittadini sovrani.
Un legame indiretto, che si manifesta in una figura istituzionale, quella del Presidente, la quale è il volto della nazione verso l'esterno e rispetto alle sue varie parti, quindi agli organi amministrativi e alle culture delle città e delle regioni. Nella presidenza della Repubblica è rappresentato il Paese, di fronte agli altri e a se stesso.
Per questo, i costituenti vollero la presidenza sganciata dai partiti, benché ai partiti si debba lo sforzo maggiore di sintesi nella ricerca e di costruzione della candidatura. Il Presidente è la figura nella quale tutte e tutti noi possiamo sentirci rappresentati, perché non risponde a nessuna volontà particolare o parziale. La sua volontà deve perseguire sempre e solo l'interesse generale – per questo la ricerca del candidato o della candidata è un compito difficile, un impegno serio che deve essere ispirato da una responsabilità disinteressata.
Nel caso dell'elezione del Presidente della Repubblica, il Parlamento dà il meglio di sé giungendo alla più ampia maggioranza, idealmente all’unanimità – una condizione che è diversa, se non opposta, alla sua attività ordinaria, quando esercita il potere legislativo.
Questo complesso processo di sintesi raggiunta a partire dalle differenze dovrebbe concludersi nell’individuazione di una personalità onorevole, degna, e fedele alla Costituzione della Repubblica, per autentica convinzione e non per semplice atto formale di giuramento.
Qualcuno che, come accaduto a Silvio Berlusconi, ha subito una condanna penale definitiva e che per tale ragione è stato dichiarato decaduto dalla carica di senatore non è degno di essere candidato alla Presidenza della Repubblica. Come pure è indegna qualsiasi operazione che intenda usare il nome di Silvio Berlusconi per condizionare quei voti dai quali potrà dipendere l’elezione del Presidente. Eppure, se pur indirettamente l’impresentabile leader di Forza Italia potrebbe determinare l’esito di questa elezione.
Una simile eventualità, che trapela dai mezzi di informazione, disturba il senso etico dei cittadini. Le istituzioni della Repubblica, già pesantemente sfigurate dal referendum del 2020, che ha gravemente limitato il numero dei parlamentari e quindi la rappresentanza, potrebbero subire un ulteriore colpo se chi siede in Parlamento non avrà il senso civico e il coraggio politico di impedire che questo miserevole gioco abbia successo.
L’elezione del presidente potrebbe essere per i partiti un’opportunità per mostrare la loro dignità di associazioni politiche democratiche. Libertà e Giustizia si rivolge a loro e ai parlamentari affinché avvertano la responsabilità di “nobilitare” l’elezione del Presidente. I cittadini vogliono una figura di cui essere orgogliosi, che rappresenti un modello civile e che parli al paese con una voce sola, autorevole e indipendente. Vogliono, soprattutto, che rispetti la Costituzione e ne incarni i valori più profondi.
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