«Prima di riscuotere il reddito di cittadinanza i fratelli Bianchi andavano in Chiesa. Poi col reddito hanno iniziato a pippare e a picchiare la gente. Maledetto reddito non lo tocco più».
Le notizie si gonfiano così su Twitter e in un attimo si accende un dibattito per cancellare il reddito di cittadinanza visto che, pare, ne avrebbero beneficiato i due fratelli accusati di aver ammazzato di botte il 21enne Willy Monteiro Duarte a Colleferro.
Le circostanze sono tutt’altro che chiare: Marco e Gabriele Bianchi, tramite il loro avvocato difensore, dicono di non aver mai richiesto il sussidio «non sappiamo neanche cos’è». Eppure, secondo gli investigatori, hanno incassato 33mila euro dei quali 27.747 in modo indebito che vanno restituiti: avrebbero omesso parecchi dettagli sulla loro reale situazione economica nei moduli inviati all’Inps. Anche se l’istituto di previdenza non può fornire informazioni di dettaglio, pare che i beneficiari fossero i genitori, che i benefici fossero comunque già decaduti tra giugno e luglio.
Il problema è il reddito di cittadinanza o l’imbroglio?
Un po’ di responsabilità c’è su entrambi i fronti: proprio l’ossessione per gli abusi ha creato le condizioni per abusare della misura. Invece che concentrare l’intervento sulle categorie più bisognose - le famiglie numerose e quelle composte da stranieri - per ragioni di consenso immediato il governo Conte 1 ha impostato la misura soprattutto a favore dei singoli individui. Ed è molto più facile mentire sulla situazione reddituale e patrimoniale che sul numero di bambini in una casa o sulla nazionalità.
La parte di politiche attive del reddito non ha mai funzionato: già prima della pandemia, che ha paralizzato tutto, gli obblighi di ricerca del lavoro, con il sostegno dei famosi navigator, si erano rivelati tutti virtuali. In assenza di opportunità di occupazione, la prospettiva di riqualificare chi non è mai stato davvero nel mercato del lavoro era utopistica. Difficile pensare ai fratelli Bianchi in un centro per l’impiego assieme a un navigator.
A fine 2019, soltanto 39.760 beneficiari del reddito su 2,5 milioni avevano trovato un lavoro dopo aver ricevuto l’assegno (e non è affatto detto che l’abbiano trovato grazie al sussidio, forse lo avrebbero comunque ottenuto).
Resta il dato rilevante che 2,5 milioni di persone in povertà hanno beneficiato del più importante sforzo redistributivo verso gli ultimi, 3,8 miliardi di euro nel 2019. Ben 457mila domande sono state respinte.
Fin dall’inizio la discussione pubblica sul reddito di cittadinanza è stata viziata dall’ansia di punire i “furbi” e dal vincolare l’aiuto a una contropartita da parte del povero. Il risultato è stato che perfino i promotori dell’intervento hanno smesso di preoccuparsi dell’obiettivo originario: far arrivare denaro pubblico ai più deboli nella società.
La cattiva fama dello strumento lo ha reso politicamente inutilizzabile proprio quando più sarebbe servito, durante la pandemia, tanto che il governo ha dovuto introdurre altri sussidi alle singole categorie (come il bonus alle partite Iva) invece che estendere il reddito di cittadinanza nella platea e negli importi.
Il problema del reddito, insomma, non è che lo abbiano preso anche i genitori dei fratelli Bianchi, ma che tanti veri poveri ne siano stati esclusi quando ne avevano molto bisogno.
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