- Quel giorno abbiamo tutti un po’ sorriso: era il 28 settembre 2018, un gruppo di ministri del Movimento Cinque stelle si affacciava dal balcone di palazzo Chigi per festeggiare: «Abbiamo abolito la povertà».
- I Cinque stelle sono stati velleitari e un po’ pasticcioni, però hanno aiutato gli ultimi.
- Come fanno questi della destra a guardarsi allo specchio mentre promettono di rendere i poveri ancora più poveri nel pieno di una crisi di inflazione e alla vigilia di una recessione?
Quel giorno abbiamo tutti un po’ sorriso: era il 28 settembre 2018, un gruppo di ministri del Movimento Cinque stelle si affacciava dal balcone di palazzo Chigi per festeggiare: “Abbiamo abolito la povertà”.
Era un filo eccessivo, tre anni dopo in Italia c’erano ancora 5,6 milioni di persone in povertà assoluta, ma almeno l’intento era chiaro: introdurre una misura di sostegno contro la povertà che riempisse un vuoto in un sistema di welfare ancora molto novecentesco, strutturato per mitigare gli effetti della perdita del posto di lavoro di un dipendente dovuta alla cattiva congiuntura invece che proteggere contro avversità imprevedibili, dalle delocalizzazioni alle pandemie al nuovo precariato.
Oggi con quale slogan il centrodestra può giustificare il suo attacco al reddito di cittadinanza? “Abbiamo ripristinato la povertà”? Oppure, in una parodia del liberismo, “bisogna che i poveri siano più poveri perché lavorino e smettano così di essere poveri”?
In tre anni 4,7 milioni di persone hanno avuto accesso al reddito, progettato peggio di come si sarebbe potuto proprio per arginare la propaganda della destra (e di un pezzo della “sinistra” riformista) che reclamava un po’ di costrizione: ti aiutiamo ma devi darti da fare, tra centri per l’impiego e navigator che hanno funzionato poco e male.
Certo, aiutare 4,7 milioni di persone è costato 22,71 miliardi, ma sono stati soldi meglio spesi che per il bonus 80 euro di Matteo Renzi, o per la contro-riforma delle pensioni di Salvini.
Secondo l’ultimo rapporto annuale Inps, i beneficiari hanno rivisto soltanto i loro consumi essenziali, tra alimentari e bollette, ma non gli altri. Sono riusciti a sopravvivere, non a spassarsela.
Adesso il governo Meloni vuole rimettere in discussione il reddito per quei 393.001 (all’Inps sono precisi) italiani che prendono il sussidio mentre lavorano. Non si capisce con quale criterio, perché se questi lavorano sono proprio quelli che si impegnano di più per uscire dalla povertà.
Ma sapete qual è l’imponibile annuo di questi nababbi del welfare? In aggiunta a 6038 euro medi di reddito di cittadinanza, dichiarano come reddito da lavoro in media 6.043 euro annui, una miseria, perfino meno dei tanti evasori che reclamano condoni fiscali dal centrodestra di governo.
Quindi, queste famiglie di poveri che pure lavorano, come vorrebbe la destra, senza reddito si troverebbero a passare da poco più di 1000 euro al mese ad appena 500. Per un nucleo famigliare, non per una persona singola. E l’inflazione erode queste cifre, ormai, del 10-12 per cento.
I Cinque stelle sono stati velleitari e un po’ pasticcioni, però hanno aiutato gli ultimi. Come fanno questi della destra a guardarsi allo specchio mentre promettono di rendere i poveri ancora più poveri nel pieno di una crisi di inflazione e alla vigilia di una recessione?
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